Talmud Shabbat 128b e Matteo 12:11-12

Una delle dispute tra Gesù ed i farisei sull'osservanza del Sabato viene così riportata in Matteo 12:11-12 [Nuova Riveduta]:
11 Ed egli disse loro: «Chi è colui tra di voi che, avendo una pecora, se questa cade in giorno di sabato in una fossa, non la prenda e la tiri fuori? 
12 Certo un uomo vale molto più di una pecora! È dunque lecito far del bene in giorno di sabato».
Un passo parallelo è Luca 14:5 [Nuova Riveduta]:
5 Poi disse loro: «Chi di voi, se gli cade nel pozzo un figlio o un bue, non lo tira subito fuori in giorno di sabato?»
Il problema viene affrontato anche dal Talmud (Shabbat 128b) - scusate se vi riporto la traduzione inglese di Sefaria.org, e non tento di tradurla a mia volta in italiano [le parole in grassetto traducono l'originale aramaico od ebraico, quelle in carattere tondo sono i chiarimenti del curatore]:
GEMARA: Rav Yehuda said that Rav said: With regard to an animal that fell into an aqueduct, one brings cushions and blankets, and throws them into the water ditch, and places them beneath the animal in the aqueduct. And if the animal thereby emerges, it emerges.
The Gemara raises an objection from a Tosefta: With regard to an animal that fell into an aqueduct on Shabbat, one provides it with sustenance in its place so that it will not die. This implies that providing it with sustenance, yes, that is permitted, providing it with cushions and blankets, no, that it is prohibited.
The Gemara answers: This is not difficult, as there is room to distinguish between the cases. This, the Tosefta in which it was taught that one provides the animal with sustenance, is referring to a case where it is possible to provide it with sustenance. That, the mishna in which Rav said that one brings cushions and blankets, is referring to a case where it is impossible to provide it with sustenance. Where it is possible to provide it with sustenance, yes, he does so. And if it is not possible to provide it with sustenance, he brings cushions and blankets and places them beneath the animal.
The Gemara asks: Does he not, by placing the cushions and blankets, negate a vessel’s preparedness? The cushions and blankets are no longer fit for their designated use on Shabbat, and this negation of their designated use is similar to the prohibited labor of dismantling. The Gemara answers: Rav holds that negating a vessel’s preparedness is prohibited by rabbinic law. Causing a living creature to suffer is a Torah prohibition. And a matter prohibited by Torah law comes and overrides a matter prohibited by rabbinic law.
I saggi citati (rav Yehuda [220–299 EV] ed il suo maestro Rav [175–247 EV]) sono degli amorei vissuti tra il 2° ed il 3° Secolo EV, ma le parole del Vangelo secondo Matteo (e di Luca 14:5) fanno pensare che la norma fosse già consolidata nel 1° Secolo EV: se un animale cade in un canale pieno d'acqua di Sabato, va soccorso. E perché mai? Perché anche di Sabato è vietato farlo soffrire.

Gesù, secondo i Vangeli, ne approfitta per rimproverare i farisei di preoccuparsi tanto per la sofferenza di un animale, ma non di quella di un essere umano, visto che si mostrano riluttanti a guarire gli umani di Sabato.

Un'interpretazione che a molti viene in mente è che il riguardo per gli animali fosse dovuto ad una preoccupazione economica, ma tale interpretazione, oltre ad essere alquanto offensiva, illumina più quello che pensiamo noi di quello che pensavano i farisei e Gesù.

Noi infatti distinguiamo tra animali d'affezione (come cani e gatti) ed animali da reddito (come le pecore ed i buoi citati in questi passi evangelici), ma la distinzione mi pare non biblica, e questo mi pare particolarmente evidente nel caso delle pecore.

Prendiamo ad esempio 2 Samuele 12:1-12 [Nuova Riveduta]:
01 Il SIGNORE mandò Natan da Davide e Natan andò da lui e gli disse: «C'erano due uomini nella stessa città; uno ricco e l'altro povero. 
02 Il ricco aveva pecore e buoi in grandissimo numero; 
03 ma il povero non aveva nulla, se non una piccola agnellina che egli aveva comprata e allevata; gli era cresciuta in casa insieme ai figli, mangiando il pane di lui, bevendo alla sua coppa e dormendo sul suo seno. Essa era per lui come una figlia. 
04 Un giorno arrivò un viaggiatore a casa dell'uomo ricco. Questi, risparmiando le sue pecore e i suoi buoi, non ne prese per preparare un pasto al viaggiatore che era capitato da lui; prese invece l'agnellina dell'uomo povero e la cucinò per colui che gli era venuto in casa». 
05 Davide si adirò moltissimo contro quell'uomo e disse a Natan: «Com'è vero che il SIGNORE vive, colui che ha fatto questo merita la morte; 
06 e pagherà quattro volte il valore dell'agnellina, per aver fatto una cosa simile e non aver avuto pietà». 
07 Allora Natan disse a Davide: «Tu sei quell'uomo! Così dice il SIGNORE, il Dio d'Israele: "Io ti ho unto re d'Israele e ti ho liberato dalle mani di Saul, 
08 ti ho dato la casa del tuo signore e ho messo nelle tue braccia le donne del tuo signore; ti ho dato la casa d'Israele e di Giuda e, se questo era troppo poco, vi avrei aggiunto anche dell'altro. 
09 Perché dunque hai disprezzato la parola del SIGNORE, facendo ciò che è male ai suoi occhi? Tu hai fatto uccidere Uria, l'Ittita, hai preso per te sua moglie e hai ucciso lui con la spada dei figli di Ammon. 
10 Ora dunque la spada non si allontanerà mai dalla tua casa, perché tu mi hai disprezzato e hai preso per te la moglie di Uria, l'Ittita". 
11 Così dice il SIGNORE: "Ecco, io farò venire addosso a te delle sciagure dall'interno della tua stessa casa; prenderò le tue mogli sotto i tuoi occhi per darle a un altro, che si unirà a loro alla luce di questo sole; 
12 poiché tu lo hai fatto in segreto; ma io farò questo davanti a tutto Israele e in faccia al sole"».
Com'è che Davide cade nel trappolone preparatogli da Natan? Perché, da ex pastore diventato re, sapeva che le pecore facevano parte della famiglia del pastore, ed il pover'uomo descritto da Natan era perfettamente verosimile.

Mio zio, che vive in Sardegna ed ha fatto il pastore in gioventù, mi disse che una volta aveva portato a casa un'agnellina perché ci giocassero i figli, e quest'agnellina a loro si era molto affezionata: lì abbracciava (ovvero si rizzava sulle zampe posteriori e cercava di mettere quelle anteriori sulle loro spalle) e li seguiva ovunque come un cane. La verosimiglianza del racconto biblico viene confermata. 

Cito ora un famoso brano evangelico - Matteo 18:12-14 [Nuova Riveduta]:
12 Che ve ne pare? Se un uomo ha cento pecore e una di queste si smarrisce, non lascerà le novantanove sui monti per andare in cerca di quella smarrita? 
13 E se gli riesce di ritrovarla, in verità vi dico che egli si rallegra più per questa che per le novantanove che non si erano smarrite. 
14 Così il Padre vostro che è nei cieli vuole che neppure uno di questi piccoli perisca.
Passo parallelo è Luca 15:4-7 [Nuova Riveduta]:
4 «Chi di voi, avendo cento pecore, se ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e non va dietro a quella perduta finché non la ritrova? 
5 E trovatala, tutto allegro se la mette sulle spalle; 
6 e giunto a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: "Rallegratevi con me, perché ho ritrovato la mia pecora che era perduta". 
7 Vi dico che, allo stesso modo, ci sarà più gioia in cielo per un solo peccatore che si ravvede che per novantanove giusti che non hanno bisogno di ravvedimento.
La ben nota parabola della "pecorella smarrita", narrata in questi passi, mostra un pastore non solo sollecito, ma anche temerario: fino all'inizio del 20° Secolo EV si incontravano facilmente in Israele/Palestina leoni e leopardi (i leoni sono ora estinti ed i leopardi rarissimi), e poiché i felini sono animali crepuscolari (chi ha un gatto lo sa per esperienza), andare in cerca di una pecora da soli al tramonto significava rischiare di farsi sbranare.

Lo aveva già spiegato 1 Samuele 17:34-36 [Nuova Riveduta] quanto fosse pericoloso fare il pastore in quelle lande:
34 Davide rispose a Saul: «Il tuo servo pascolava il gregge di suo padre e talvolta veniva un leone o un orso a portar via una pecora dal gregge. 
35 Allora gli correvo dietro, lo colpivo, gli strappavo dalle fauci la preda; e se quello mi si rivoltava contro, lo afferravo per le mascelle, lo ferivo e l'ammazzavo. 
36 Sì, il tuo servo ha ucciso il leone e l'orso; questo incirconciso, Filisteo, sarà come uno di quelli, perché ha coperto di vergogna le schiere del Dio vivente». 
Fare il pastore in Israele/Palestina non è come farlo in Sardegna, isola in cui il più preoccupante dei quadrupedi è la volpe, pericolosa solo per gli agnelli.

Ed un pastore così eroico perché amava ogni sua pecora era abbastanza verosimile da potervi ricamare una parabola di grande successo, e molti personaggi biblici (come Abele, Giacobbe, Mosè, Davide) vengono lodati perché come pascevano le pecore così si prendevano cura delle persone.

E non per altro Mosè è detto nello Zohar il "pastor fido", e Gesù, secondo Giovanni 10:11 [Nuova Riveduta], dice di sé:
11 Io sono il buon pastore; il buon pastore dà la sua vita per le pecore.
La scelta del Vangelo secondo Matteo di esemplificare con una pecora l'animale che in Israele nessuno si sarebbe rifiutato di soccorrere qualora caduto in un fosso di Sabato mi pare perciò molto felice - chiunque avrebbe capito che si alludeva agli esseri umani ed alla sollecitudine loro dovuta.

Raffaele Yona Ladu
Ebre* umanista gendervague
Soci* di Autistic Self Advocacy Network

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