Commento a Giovanni 5:1-16

Innanzitutto ringrazio la pastora Laura Testa, che mi ha prestato i seguenti due commenti al Vangelo secondo Giovanni:
·         Giovanni : Commento al Vangelo spirituale / Raymond E. Brown. - Assisi : Cittadella editrice, 1979 [01];
·         Il Vangelo Secondo Giovanni : Volume 1: 1,1 - 12,50 / Jean Zumstein, - Torino : Claudiana, 2017 [02].
Ho fatto ricorso anche al commento che si trova qui:
·         La Bibbia. Nuovissima versione dai testi originali : III Nuovo Testamento : Vangeli – Atti degli Apostoli – Lettere – Apocalisse. – Cinisello Balsamo : Edizioni Paoline, 1991 [03]

Le traduzioni bibliche che io cito, qualora non diversamente indicato, sono della Nuova Riveduta e tratte dal sito http://www.laparola.net/ ; offro però ogni volta un link che consenta di leggere in modo sinottico tutte le versioni italiane citate nel sito.
Vi renderete conto però che ho comunque proceduto in modo assai autonomo, mettendomi spesso “controcorrente”
Comincio con il riportare il brano evangelico che commento – Giovanni 5:1-16 [04]:
01 Dopo queste cose ci fu una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme.
02 Or a Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, c'è una vasca, chiamata in ebraico Betesda, che ha cinque portici.
03 Sotto questi portici giaceva un gran numero d'infermi, di ciechi, di zoppi, di paralitici[, i quali aspettavano l'agitarsi dell'acqua;
04 perché un angelo scendeva nella vasca e metteva l'acqua in movimento; e il primo che vi scendeva dopo che l'acqua era stata agitata era guarito di qualunque malattia fosse colpito].
05 Là c'era un uomo che da trentotto anni era infermo.
06 Gesù, vedutolo che giaceva e sapendo che già da lungo tempo stava così, gli disse: «Vuoi guarire?»
07 L'infermo gli rispose: «Signore, io non ho nessuno che, quando l'acqua è mossa, mi metta nella vasca, e mentre ci vengo io, un altro vi scende prima di me».
08 Gesù gli disse: «Àlzati, prendi il tuo lettuccio e cammina».
09 In quell'istante quell'uomo fu guarito; e, preso il suo lettuccio, si mise a camminare.
10 Quel giorno era un sabato; perciò i Giudei dissero all'uomo guarito: «È sabato, e non ti è permesso portare il tuo lettuccio».
11 Ma egli rispose loro: «Colui che mi ha guarito mi ha detto: "Prendi il tuo lettuccio e cammina"».
12 Essi gli domandarono: «Chi è l'uomo che ti ha detto: "Prendi il tuo lettuccio e cammina?"»
13 Ma colui che era stato guarito non sapeva chi fosse; Gesù infatti si era allontanato, perché in quel luogo c'era molta gente.
14 Più tardi Gesù lo trovò nel tempio, e gli disse: «Ecco, tu sei guarito; non peccare più, ché non ti accada di peggio».
15 L'uomo se ne andò, e disse ai Giudei che colui che l'aveva guarito era Gesù.
16 Per questo i Giudei perseguitavano Gesù e cercavano di ucciderlo; perché faceva quelle cose di sabato.
Il brano è ritenuto fondamentale dagli esegeti cristiani in quanto vedono nell’esortazione di Gesù al versetto 8 “Àlzati, prendi il tuo lettuccio e cammina”, un esplicito ordine di violare il sabato, e nel lungo discorso che segue – Giovanni 5:17-47 [05], ma ve ne cito ora soltanto i versetti 17-18 [06]:
17 Gesù rispose loro: «Il Padre mio opera fino ad ora, e anch'io opero».
18 Per questo i Giudei più che mai cercavano d'ucciderlo; perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio.
Nel versetto 17 Gesù dichiara di avere autorità anche sul sabato, in quanto figlio di Dio (cfr. Marco 2:28: “perciò il Figlio dell'uomo è signore anche del sabato” [07]) – per cui il sabato da lui viene abrogato, non soltanto trasgredito; questa era una cosa inammissibile per gli ebrei, in quanto il sabato è segno del patto tra Dio ed Israele – senza il sabato Israele sarebbe un popolo qualsiasi.
Però trovo debole l’accusa a Gesù di aver violato il sabato ed inconsistente quella di aver istigato il paralitico guarito a farlo – mi serve una lunga digressione per spiegarmi.
Il link [08] avverte che gli argomenti di Gesù per curare di sabato non li ha pensati solo lui – un secolo dopo li si ritroverà nei rabbini Eleazar ben Azariah, ‘Aqiva, e soprattutto Ishma‘el (l’inventore della locuzione “piquach nefesh = attenzione alla vita = salvare una vita”), anche se il dibattito proseguirà per altri due secoli facendo infine risalire il dovere di guarire di sabato a Levitico 18:5 [09]:
05 Osserverete le mie leggi e le mie prescrizioni, per mezzo delle quali chiunque le metterà in pratica vivrà. Io sono il SIGNORE.
In una parola: la Torah deve far vivere chi la osserva, non ucciderlo, e pertanto, quando c’è una vita in gioco, quasi tutti i divieti della Torah vanno disapplicati.
Il link [10] indica le conclusioni del dibattito: oltre al caso di pericolo di morte, che esige che anche le norme bibliche del sabato vengano violate in modo da salvare il malato, c’è quello della malattia che impedisce di vivere una vita normale – anche quella va curata di sabato; a fare i pignoli, occorrerebbe eseguire uno “shinui = cambiamento” della normale procedura, perché molte azioni compiute di sabato in modo insolito non costituiscono violazione di norma biblica, bensì di norma rabbinica, che cede più facilmente di fronte al precetto di guarire il malato.
Non ci vuol molto per fare uno “shinui”: per un profano basta ad esempio chiamare la guardia medica toccando i tasti del telefonino con le nocche anziché con i polpastrelli, oppure recarsi dalla guardia medica salendo in macchina dalla parte del passeggero anziché del guidatore – questo si fa solo se si è SICURI di aver tempo da perdere e di non nuocere così al paziente. Se non è così, si ricade nel caso del pericolo di vita che impone di usare il mezzo più efficace possibile per salvare il paziente, sabato o non sabato.
Gli ebrei, come ricorda [10], di sabato non curano solo le inezie di cui sono sicuri che non hanno conseguenze, ed evitano di programmare terapie od interventi di sabato, o di mettere una persona in condizione di essere convalescente di sabato – ma se non si può evitarlo, pazienza.
Di sabato non è lecito solo curarsi di malattie serie, ma anche prevenirne l’insorgere. Per esempio, se un ebreo è soggetto a cefalee, può prendere la medicina di sabato quando comincia, senza aspettare che il dolore diventi insopportabile; se è in cura per l’ipertensione, prende le medicine per essa anche di sabato – ogni sospensione della cura per un giorno di per sé non farebbe gran danno, ma medici e pazienti sanno che il continuare a farlo logora l’organismo e vanifica la terapia. Perciò lui si cura tutti i giorni dell’anno!
Quindi, un ebreo d’oggi, di fronte al paralitico, farebbe di tutto per guarirlo anche di sabato. All’epoca di Gesù il dibattito sulla liceità di guarire di sabato era vivissimo, il Nuovo Testamento ne rende la prima testimonianza, e perciò riconosco un minimo di buona fede ai suoi accusatori, ma il tempo avrebbe reso giustizia a Gesù, che infatti in altre circostanze argomenta che la Torah non gli vietava quello che ha fatto.
Per quanto riguarda l’istigazione al violare il sabato contenuta nelle parole “Àlzati, prendi il tuo lettuccio e cammina”, io non ce la vedo proprio – mi spiace per i farisei che qui si sono dimostrati alquanto ottusi.
Brown [01] si dimostra particolarmente inetto a capire la normativa ebraica applicabile. Dice egli infatti a pagina 269:
v.12. ti ha detto di prenderlo su. La prodigiosa guarigione è stata persa di vista; solo la violazione del sabato è importante, per le autorità.
Intanto, come ho già spiegato, all’epoca di Gesù anche la guarigione avrebbe potuto essere interpretata come una violazione inescusabile del sabato, ed infatti Gesù in Giovanni 9:13-16 [11] viene rimproverato di aver guarito di sabato il cieco nato - ma questa era cosa meno grave di quello che stava facendo il guarito.
Come infatti spiega [12], di tutte le 39 attività (melakhot) vietate di sabato [13], quella che sembra più banale, ma occupa da sola un terzo del trattato talmudico Shabbat [14] e delle norme sul sabato codificate nello Shulchan ‘Arukh [15], è proprio il far uscire oggetti da una proprietà, portarceli dentro, e trasportarli in un luogo pubblico.
Essa è considerata infatti il prototipo delle attività vietate di sabato, in quanto lo spostare un oggetto ne è la più elementare presa di possesso, la dimostrazione del dominio dell’uomo sulla natura; pertanto rav Nachman di Breslavia <1772-1810>, citato in [16], diceva che questo divieto era tanto importante da comprendere in sé tutte le 39 attività vietate di sabato.
Ed il professore di studi ebraici Alex P. Jassen spiega nell’articolo [17] come si sia evoluto questo divieto, e quanto il riflettervi abbia contribuito all’elaborazione della normativa sul sabato.
Perciò, quello che stava facendo il guarito era veramente una violazione molto seria del sabato – ma gliel’ha chiesta Gesù?
Brown [01] e gli esegeti della San Paolo [02] sono così ansiosi di dimostrarlo da fraintendere Mishnah Shabbat 10:5 [18], sebbene il suo ebraico sia semplice e già in tempi preinternautici fossero disponibili delle traduzioni in inglese ed italiano [19] della medesima.
Ve la ritraduco:
Chi fa uscire una pagnotta in un luogo pubblico, è colpevole. Coloro che la fanno uscire in due, sono esenti. Se uno non può farla uscire da solo, e la fanno uscire in due, sono colpevoli. Ma rav Shime‘on li dichiara esenti. Se uno fa uscire cibo in quantità minore dello stabilito dentro un vaso, è esente anche per il vaso, in quanto il vaso ne è un accessorio. [Chi fa uscire] un vivente nel letto, è esente anche per il letto, perché il letto ne è un accessorio. [Chi fa uscire] un morto nel letto, è colpevole. E così [chi fa uscire] un pezzo di morto grande come un'oliva, ed un pezzo di “nevelah” [animale kasher immangiabile perché non macellato secondo le regole] grande come un'oliva, ed un pezzo grande come una lenticchia di una bestia che striscia, è colpevole. E rav Shime‘on lo dichiara esente.
Nel testo ebraico le parole “chay ba-mittah = un vivente nel letto” e “met ba-mittah = un morto nel letto” sono precedute dalla preposizione “et”, che in ebraico precede un complemento oggetto. Essa perciò sottintende un soggetto ed un verbo non espressi perché già precedentemente ripetuti più volte, ovvero “ha-motzia’ = colui che fa uscire”; l’italiano non ammette questo genere di sottintesi, e pertanto ho dovuto esplicitare le parole inserendole tra parentesi quadre.
Che ha detto Gesù al paralitico in Giovanni 5:8? “γειρε ρον τν κρβαττν σου κα περιπτει = Àlzati, prendi il tuo lettuccio e cammina” [20]. Il verbo greco “αρω = àiro” (Strong G142 [21]) vuol dire semplicemente “prendere”, e questo non è vietato di sabato – non vedrete mai degli ebrei digiunare di sabato perché è vietato loro “prendere” in mano il cibo o l’acqua (l’unico caso in cui gli ebrei digiunano di sabato è quando lo “Yom Kippur = Giorno dell’Espiazione” cade di sabato – in tutti gli altri casi di sabato si mangia, si beve e non si digiuna).
Probabilmente il paralitico guarito stava cercando di portar fuori dal perimetro della piscina il suo “lettuccio”, o forse era già uscito, e portare un oggetto in luogo pubblico per più di 4 cubiti (1,7 metri) è un’altra violazione del sabato.
Voleva forse dire Gesù “Prendi e porta via”, cosa che avrebbe implicato il far uscire il letto dal perimetro della piscina? Ne dubito, perché, anche se è vero che il verbo greco “αρω = àiro” può significare “rimuovere”, nessuno lo ha mai inteso in questo senso applicandolo a questo passo.
Inoltre, osservate come si esprime Gesù quando guarisce il paralitico a Cafarnao,
·         in Matteo 9:6 [22]:
06 Ma, affinché sappiate che il Figlio dell'uomo ha sulla terra autorità di perdonare i peccati, àlzati», disse allora al paralitico, «prendi il tuo letto e va’ a casa tua».
·         in Marco 2:11 [23]:
11 io ti dico», disse al paralitico, «àlzati, prendi il tuo lettuccio, e vattene a casa tua»
·         Ed in Luca 5:24 [24]:
24 Ora, affinché sappiate che il Figlio dell'uomo ha sulla terra il potere di perdonare i peccati, io ti dico», disse all'uomo paralizzato, «àlzati, prendi il tuo lettuccio e va’ a casa tua».
Va ricordato innanzitutto che la guarigione riportata dai Sinottici provoca stupore ma non scalpore, perché non avviene di sabato; in questi brani il verbo greco “αρω = àiro” significa semplicemente “sollevare e tenere in mano” [il letto]; per dire all’ex-paralitico di andarsene, Gesù deve dargli un altro ordine, usando il verbo “πγω = hypàgo = andar via” (Strong G5217 [24]) in Matteo e Marco, e “πορεω = poréuo = viaggiare” (Strong G4198 [25]) in Luca.
Invece in Giovanni 5:8 non si accenna ad una casa (sebbene fosse estremamente probabile che anche questo paralitico ce l’avesse – non sarebbe altrimenti sopravvissuto 38 anni ai gelidi e nevosi inverni di Gerusalemme), ed il verbo usato per esortare il guarito a muoversi è “περιπατω = peripatéo = passeggiare” (Strong G4043 [26]), che deriva dall’unione delle parole greche “περ = perì = intorno” (Strong G4012 [27]) e “πατω = patéo = calpestare” (Strong G3961 [28]).
Il verbo “περιπατω = peripatéo”, così come il verbo “πορεω = poréuo” usato da Luca, non significa solo il muovere le gambe, ma anche il procedere in modo dignitoso ed il vivere in modo retto – corrisponde al verbo ebraico “halakh = camminare”, da cui “halakhah = legge religiosa ebraica”.
Non solo: chi ha studiato filosofia sa che il discepolo di Aristotele era detto “περιπᾰτητικός = peripatetikòs = peripatetico” [29], in quanto lui ed i suoi compagni si riunivano nel “Περίπᾰτος = Perìpatos = passeggiata coperta” [30] del giardino del Liceo di Atene. Poiché i capiscuola greci avevano l’abitudine (inaugurata, sembra, da Platone) di dar lezione mentre passeggiavano, il termine “περίπᾰτος = perìpatos” ha finito con il significare “scuola filosofica” in genere.
Direi che l’evangelista Giovanni ha scelto molto bene il suo verbo: Gesù non ha detto all’ex-paralitico di uscire dalla piscina violando il sabato – gli ha detto innanzitutto di insegnare rendendo testimonianza della sua guarigione passeggiando sotto i portici della piscina, mostrando il lettuccio che teneva in mano come prova, e poi, terminato il sabato, di uscire col lettuccio e vivere rettamente.
Purtroppo, come diceva una mia amica ebrea, non è vero che TUTTI gli ebrei sono dei mostri di intelligenza, e prima l’ex-paralitico, poi i farisei che lo fermano e lo interrogano, lo dimostrano, fraintendendoGesù.
Jean Zumstein [02] si rende conto di quello che è accaduto (riporta correttamente la normativa ebraica), ma non si stacca dall’esegesi tradizionale cristiana per cui Gesù cercava di provocare una violazione del sabato.
L’ipotesi che propongo è che Giovanni 5:17-18 [06] indichi che Gesù, anziché dissociarsi dall’ex-paralitico mostrando che era stato frainteso (gli sarebbe stato facile), abbia deciso di difenderlo, allo stesso modo in cui in Matteo 12:1-8 [31], Marco 2:23-28 [32], Luca 6:1-5 [33] Gesù difende dei discepoli che avevano fatto cosa vietata di sabato, senza che gliel’avesse ordinata, approfittando dell’occasione, come in Giovanni, per proclamarsi Figlio dell’uomo e signore del sabato.
Comunque, il fatto che Zumstein [02] abbia capito la situazione non mi pare dovuto solo e tanto ad un talento superiore alla media, quanto al fatto che lui ha scritto nel 2016 (edizione italiana 2017), e non prima del 1979 [01] e nel 1989 [03] – al giorno d’oggi molti tra i lettori cristiani di letteratura esegetica conoscono la letteratura rabbinica e la cultura ebraica, e sarebbero i primi a protestare contro incomprensioni e forzature, costringendo gli autori a stare più attenti.
Doppiato lo scoglio del sabato, comincio ad interpretare il brano.
Penso che la vicenda si sia svolta nell’imminenza di Shavu‘ot/Pentecoste, ed ho scoperto che con me concorda una lunga tradizione della Chiesa greca [01], di cui la Nuovissima Versione [03] cita come esponenti Cirillo d’Alessandria e Giovanni Crisostomo. La tradizione non ha prove certe, ed il commentatore del sito http://www.laparola.net/ [04] propende invece per la Pasqua.
Le prove che adduco io sono il simbolismo dell’acqua, perché la Torah è acqua di vita, e la festa del dono della Torah è proprio Shavu‘ot/Pentecoste; essa si celebra tra maggio e giugno, e questo rende anche più facile soggiornare sotto i portici della piscina e buttarsi in acqua senza temere di guarire da tutti i malanni per poi prendersi il raffreddore o la polmonite.
Gli ebrei israeliani d’oggi, approfittando del clima subtropicale del loro paese, il giorno di Shavu‘ot/Pentecoste giocano con l’acqua spruzzandosela addosso – in onore dell’acqua di vita che è la Torah; l’uso è recente e non rituale, ma mi pare perfettamente in linea con la tradizione religiosa ebraica.
Brown [01] aggiunge due interessanti osservazioni: la prima è che in Giovanni 4:35 [34] è scritto:
35 Non dite voi che ci sono ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ebbene, vi dico: alzate gli occhi e guardate le campagne come già biancheggiano per la mietitura.
Shavu‘ot/Pentecoste era anche la festa della mietitura del grano, quindi il passo fa pensare che Gesù fosse pronto a recarsi a Gerusalemme in tempo per Shavu‘ot/Pentecoste.
La descrizione giovannea della piscina di Betesda (“Casa della sorgente” è il significato più probabile, “Casa della misericordia” quello popolare) coincide con il ritrovamento archeologico [01, 02, 03] di un complesso di due vasche, la cui forma complessiva è quella di un trapezio, ma divise l’una dall’altra da un divisorio su cui sorgeva un colonnato (secondo Brown [01] e la Nuovissima Versione [03]; Zumstein [02] nega che ci fossero), così come intorno agli altri lati del complesso.
Che ci fossero cinque colonnati è curioso, perché le sinagoghe hanno cinque finestre, una per ogni libro del Pentateuco (e non mancano le chiese cristiane con cinque finestre, una per ognuno dei discorsi di Gesù nel Vangelo secondo Matteo, che vengono fatti corrispondere ognuno ad un libro del Pentateuco), e Zumstein [02] avverte che questo sospetto, cioè di una ricercata coincidenza tra i portici ed i Libri, era già venuto in mente a diversi padri della Chiesa, che pensarono anche qui che la piscina rappresentasse la Legge e Gesù l’Evangelo.
Potrei aggiungere che dividere la piscina in due vasche fa pensare alle due “Luchot ha-Berit = Tavole del Patto”, ovvero dei Dieci Comandamenti, ma le vasche hanno forma trapezoidale, e questo rende meno probabile la cosa.
Infine, sempre Brown [01] fa notare che alla fine del suo lungo discorso Gesù pronuncia queste parole (Giovanni 45-47 [35]):
45 Non crediate che io sia colui che vi accuserà davanti al Padre; c'è chi vi accusa, ed è Mosè, nel quale avete riposto la vostra speranza.
46 Infatti, se credeste a Mosè, credereste anche a me; poiché egli ha scritto di me.
47 Ma se non credete ai suoi scritti, come crederete alle mie parole?»
L’allusione a Mosè ed ai suoi scritti sarebbe infatti più pungente se pronunciata nell’imminenza della festa del dono della TorahShavu‘ot/Pentecoste.
Tornando alla piscina, si ritiene che le vasche fossero alimentate dall’acqua piovana raccolta, e probabilmente anche da una sorgente intermittente; per la normativa ebraica [36] ambo le acque erano capaci di purificare ritualmente – l’acqua di sorgente meglio dell’altra, e penso che fosse per questo che la gente pensava che, quando sgorgava l’acqua di sorgente agitando anche quella già accumulata (l’acqua di sorgente può purificare anche in movimento, quella piovana solo da ferma), l’immersione nella piscina avesse maggior valore.
L’angelo che agitava l’acqua è con ogni probabilità una glossa, ovvero una spiegazione creduta poi per errore parte del testo; mi permetto comunque di tenerla in considerazione, anche perché chi ritiene che la seconda parte del versetto 3 ed il versetto 4 non li abbia scritti Giovanni, li ritiene comunque parte di un’antica tradizione sulla piscina.
Quella piscina era a nordest del Tempio, e così configurata doveva servire come bagno rituale per i pellegrini che intendevano salire appunto al Tempio; uno può pensare che sia necessario per la purificazione rituale immergersi come mamma ci ha fatti, ma, anche se è la situazione ideale, quando si è esposti ad occhi indiscreti si indossa un’ampia veste che non aderisca al corpo e lasci che l’acqua lo tocchi in ogni punto – così fanno ancora gli ebrei che debbono purificarsi usando uno specchio d’acqua naturale (i rabbini non lo consigliano, un po’ per non rischiare la pelle, un po’ perché ci sono delle complicazioni in questa pratica che possono sfuggire al profano [36]).
Cominciando a cercare passi pertinenti dell’AT, si scopre che Geremia usa due volte l’espressione “Miqweh Yisra’el”, che vuol dire sì “Speranza d’Israele”, ma anche “Acqua viva che purifica Israele”, in quanto “Miqweh” significa anche “bagno rituale”.
I brani sono Geremia 15:7-9 [37]:
07 SIGNORE, se le nostre iniquità testimoniano contro di noi,
opera per amor del tuo nome;
poiché le nostre infedeltà sono molte;
noi abbiamo peccato contro di te.
08 Speranza d'Israele,
suo salvatore in tempo di angoscia,
perché saresti nel paese come un forestiero,
come un viandante che si ferma per passarvi la notte?
09 Perché saresti come un uomo sopraffatto,
come un prode che non può salvare?
Eppure, SIGNORE, tu sei in mezzo a noi,
e il tuo nome è invocato su di noi;
non abbandonarci!
E Geremia 17:13-18 [38]:
13 Speranza d'Israele, o SIGNORE,
tutti quelli che ti abbandonano saranno confusi;
quelli che si allontanano da te saranno iscritti sulla polvere,
perché hanno abbandonato il SIGNORE, la sorgente delle acque vive.
14 Guariscimi, SIGNORE, e sarò guarito;
salvami, e sarò salvo;
poiché tu sei la mia lode.
15 Ecco, essi mi dicono:
«Dov'è la parola del SIGNORE?
che essa si compia, dunque!»
16 Quanto a me, io non mi sono rifiutato di essere loro pastore agli ordini tuoi,
né ho desiderato il giorno funesto, tu lo sai;
quanto è uscito dalle mie labbra è stato manifesto davanti a te.
17 Non essere per me uno spavento;
tu sei il mio rifugio nel giorno della calamità.
18 Siano confusi i miei persecutori; non io sia confuso;
siano spaventati essi, non io sia spaventato;
fa' venire su di loro il giorno della calamità
e colpiscili con doppia distruzione!
La pertinenza di questi versi alla situazione del paralitico mi pare chiara, e che egli rappresentasse il popolo ebraico lo hanno supposto in molti oltre a me. Il numero 38 (gli anni di paralisi del malato) si ritrova anche in Deuteronomio 2:14 [39]:
13 Il tempo delle nostre marce, da Cades-Barnea al passaggio del torrente di Zered, fu di trentotto anni, finché tutta quella generazione di guerrieri scomparve interamente dall'accampamento, come il SIGNORE aveva loro giurato.
La generazione di guerrieri che doveva scomparire per attrito nel deserto era quella che aveva peccato adorando il vitello d’oro, rigettando la Torah che il Signore stava per dare ad Israele; Zumstein [02] ritiene plausibile che il numero 38 volesse stabilire un parallelo tra il paralitico e quella generazione di israeliti, e non indicare solo che da moltissimo tempo l’uomo era infermo; la Nuovissima Versione [03] dice che non è necessario pensarlo; Brown [01] secondo me prende un granchio.
Infatti anche lui dice che non è necessario pensare che il numero 38 sia simbolico, in quanto potrebbe indicare semplicemente che il caso era senza speranza, allo stesso modo in cui da 18 anni era inferma la donna guarita in Luca 13:10-13 [40]:
10 Gesù stava insegnando di sabato in una sinagoga.
11 Ecco una donna, che da diciotto anni aveva uno spirito che la rendeva inferma, ed era tutta curva e assolutamente incapace di raddrizzarsi.
12 Gesù, vedutala, la chiamò a sé e le disse: «Donna, tu sei liberata dalla tua infermità».
13 Pose le mani su di lei, e nello stesso momento ella fu raddrizzata e glorificava Dio.
Ora, 18 è il valore numerico della parola ebraica “chay = vivente”, e tutte le associazioni ebraiche che mi chiedono fondi mi pregano di dare un multiplo di 18 (dollari, euro, sicli, ecc.) perché quel numero è considerato di buon augurio. Qui invece rappresenta una vita intera sciupata dalla malattia.
Credo che valga sempre la pena, quando si incontrano dei numeri nella Bibbia, chiedersi se abbiano un valore simbolico, aiutandosi almeno con la paginetta [41].
Tornando alla piscina, sembra il luogo in cui il paralitico/Israele deve incontrare l’acqua viva/la Torah; secondo Brown [01], qualcosa di simile lo hanno pensato i padri della Chiesa, a partire da Tertulliano, che hanno visto nell’episodio un’allusione al battesimo, e lo hanno prescritto come lettura ai catecumeni.
Brown respinge l’ipotesi (l’acqua non tocca il paralitico), io credo che vada invece approfondita.
Qual è il rapporto tra Dio ed Israele? Lui è lo sposo, Israele la sposa. Qual è il rapporto tra Israele e la Torah? Israele è lo sposo, la Torah la sposa. E che succede il sabato prima di un matrimonio ebraico (ricordate che l’episodio si svolge di sabato, presumibilmente quello che precede Shavu‘ot/Pentecoste)?
Questo sabato viene chiamato “Shabbat Kallah = sabato della sposa”, ed in esso, nelle comunità ashkenazite, lo sposo viene chiamato a leggere la Torah (in diverse comunità non ortodosse viene chiamata la coppia), ed un uso contemporaneo prevede che la sposa offra un rinfresco alle donne della comunità.
Questo sabato si celebra solo per i matrimoni tra sposi in carne ed ossa? No: i sefarditi chiamano “Shabbat Kallah” anche il sabato che precede Shavu‘ot/Pentecoste, perché in quel giorno si celebra il matrimonio tra Israele e la Torah (tra parentesi, il matrimonio ebraico esige che la notte prima della cerimonia la sposa si rechi al “Miqweh = bagno rituale” per compiere la “Tevillah = immersione rituale”; non farlo non rende nullo il matrimonio, ma crea delle complicazioni [42]).
Per quel matrimonio sono stati composti inni nuziali e pure vergati contratti matrimoniali [43]; per Shavu‘ot/Pentecoste sono stati redatti a partire dal Medioevo anche gli Achzarot, inni in cui si ricapitolano i 613 precetti della Torah – alcune comunità li recitano a Shavu‘ot/Pentecoste, altre il sabato precedente (quello di quest’episodio).
Che brani biblici prevede siano letti quel sabato in sinagoga il calendario liturgico ebraico? Parashat Bamidbar (Numeri 1-4:20 [44]) ed Haftarat Bamidbar (Osea 2:1-22 secondo le bibbie rabbiniche, Osea 1:10-2:20 [45] secondo le bibbie cristiane).
Il brano dei Numeri mostra l’inizio del censimento dei figli d’Israele ordinato da Dio dopo la catastrofe del vitello d’oro, e mi pare inutile dire di più; invece vi riporto il brano di Osea:
Osea 1:
10 «Tuttavia, il numero dei figli d'Israele sarà come la sabbia del mare, che non si può misurare né contare. Avverrà che invece di dir loro, come si diceva: "Voi non siete mio popolo", sarà loro detto: "Siete figli del Dio vivente".
11 I figli di Giuda e i figli d'Israele si raduneranno, si daranno un unico capo e marceranno fuori dal paese; perché sarà grande il giorno di Izreel.
Osea 2:
01 Dite ai vostri fratelli: "Ammi!" [popolo mio] e alle vostre sorelle: "Ruama!" [che riceve misericordia]
02 Contestate vostra madre, contestatela! perché lei non è più mia moglie, e io non sono più suo marito! Tolga dalla sua faccia le sue prostituzioni, e i suoi adulteri dal suo petto;
03 altrimenti, io la spoglierò nuda, la metterò com'era nel giorno che nacque, la renderò simile a un deserto, la ridurrò come una terra arida e la farò morir di sete.
04 Non avrò pietà dei suoi figli, perché sono figli di prostituzione;
05 perché la loro madre si è prostituita; colei che li ha concepiti ha fatto cose vergognose, poiché ha detto: "Seguirò i miei amanti, che mi danno il mio pane, la mia acqua, la mia lana, il mio lino, il mio olio e le mie bevande".
06 Perciò, ecco, io ti sbarrerò la via con delle spine; la circonderò di un muro, così che non troverà più i suoi sentieri.
07 Correrà dietro ai suoi amanti, ma non li raggiungerà; li cercherà, ma non li troverà. Allora dirà: "Tornerò al mio primo marito, perché allora stavo meglio d'adesso".
08 Lei non si è resa conto che io le davo il grano, il vino, l'olio; io le prodigavo l'argento e l'oro, che essi hanno usato per Baal!
09 Perciò io riprenderò il mio grano a suo tempo, e il mio vino nella sua stagione; le strapperò la mia lana e il mio lino, che servivano a coprire la sua nudità.
10 Ora scoprirò la sua vergogna agli occhi dei suoi amanti, e nessuno la salverà dalla mia mano.
11 Farò cessare tutte le sue gioie, le sue feste, i suoi noviluni, i suoi sabati e tutte le sue solennità.
12 Devasterò le sue vigne e i suoi fichi, di cui diceva: "Sono il compenso che mi hanno dato i miei amanti". Io li ridurrò in un bosco e li divoreranno gli animali della campagna.
13 La punirò a causa dei giorni dei Baal, quando bruciava loro incenso e, ornata dei suoi pendenti e dei suoi gioielli, seguiva i suoi amanti e dimenticava me», dice il SIGNORE.
14 «Perciò, ecco, io l'attrarrò, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore.
15 Di là le darò le sue vigne e la valle d'Acor come porta di speranza; là mi risponderà come ai giorni della sua gioventù, come ai giorni che uscì dal paese d'Egitto.
16 Quel giorno avverrà», dice il SIGNORE, «che tu mi chiamerai: "Marito mio!" e non mi chiamerai più: "Mio Baal!"
17 Io toglierò dalla sua bocca i nomi dei Baal, e il loro nome non sarà più pronunciato.
18 Quel giorno io farò per loro un patto con le bestie dei campi, con gli uccelli del cielo e con i rettili del suolo; spezzerò e allontanerò dal paese l'arco, la spada, la guerra, e li farò riposare al sicuro.
19 Io ti fidanzerò a me per l'eternità; ti fidanzerò a me in giustizia e in equità, in benevolenza e in compassioni.
20 Ti fidanzerò a me in fedeltà, e tu conoscerai il SIGNORE.
Il primo versetto del brano lo collega al libro dei Numeri, ma il resto descrive una situazione nuziale – l’allegoria del matrimonio tra Dio ed Israele, ma applicabile anche al matrimonio tra Israele e la Torah che si celebrerà la settimana successiva.
Leggendo Giovanni 5:3-4 [04], quella parte dei due versetti che è con ogni probabilità una glossa:
03 (…) [, i quali aspettavano l'agitarsi dell'acqua;
04 perché un angelo scendeva nella vasca e metteva l'acqua in movimento; e il primo che vi scendeva dopo che l'acqua era stata agitata era guarito di qualunque malattia fosse colpito].
Uno pensa che è una trovata pubblicitaria, ma io credo che rappresenti il principio dell’Elezione d’Israele: la Torah è destinata solo a lui, e se non glielo avesse impedito la malattia, il paralitico si sarebbe gettato in acqua al momento giusto e non ci sarebbe stato più bisogno di ripetere il miracolo.
Questa è la logica del matrimonio monogamico: marito e moglie sono destinati l’uno all’altra, e non devono essere infedeli e sleali l’uno verso l’altro.
Ma che accade se il marito sposa una sex worker – come nel caso di Osea? Il suo diritto di Elezione si degrada (quando le cose vanno bene ed il bisogno di soldi non supera quello di amore) a diritto di Prelazione, ed il paralitico vede che tanta gente si getta in acqua al suo posto e ne ricava beneficio.
La Torah è destinata al popolo d’Israele, ma tante persone che non ne avevano diritto hanno approfittato di lei – sono coloro che si sono gettati nell’acqua di Betseda quando era agitata, oppure gli amanti che si sono gettati sul corpo della moglie di Osea (tra l’altro, l’acqua agitata dall’angelo o dall’irrompere della sorgente potrebbe a questo punto paragonarsi all’elusiva eiaculazione femminile – il che potrebbe interessare gli storici della medicina e della sessuologia). Il marito decide infine di rimediare, Gesù guarisce il paralitico.
Aveva moglie questi? Non è scritto, però Gerusalemme sorge sulla cima di un colle, la piscina è ad un’altitudine di circa 700 metri [46], d’inverno in città fa freddo e cade la neve, e la sua minima di gennaio, ai giorni nostri (a cambiamento climatico iniziato!), è di 4° C [47].
Con questo clima, un senzatetto per giunta paralitico (che non può quindi muovere le gambe per scaldarsi) muore il primo inverno, non campa trentott’anni. A rimarcare questo, nel 2018 è stato pubblicato uno studio [48] da cui risulta che nei precedenti 15 anni erano morti 610 senzatetto israeliani per la strada – e probabilmente la cifra è incompleta. Il 31 gennaio 2008 è stata pubblicata la notizia [49] che a Tel Aviv-Yafo, sulla costa mediterranea, era stato trovato morto un senzatetto, a piedi nudi e con una bottiglia di alcolici accanto (mai bere alcolici per combattere il freddo: l’alcol provoca vasodilatazione e quindi maggior dispersione di calore) – anche nelle città costiere israeliane i senzatetto corrono il concreto rischio di morire assiderati.
Quindi probabilmente il paralitico aveva una casa (come quello di Cafarnao di cui parlano i sinottici), e magari anche una moglie che si occupava di lui. Le elemosine che lui percepiva bastavano a mantenere la famiglia, o lei doveva integrare?
Penso che il paralitico si trovasse quindi a vivere la situazione di Osea; e che, una volta riacquistata la salute, non abbia badato a quello che gli aveva detto Gesù, ma abbia pensato che quello era il momento di riconquistare la moglie – cosa lecita e raccomandata di sabato.
Per questo ci voleva il letto, anche se su quel letto in due si stava strettini, e non gli è venuto in mente che fino al termine del sabato non poteva portarlo fuori dalla piscina, o in giro per strada, o dentro casa.
Uno si può chiedere: e come ci è entrato il paralitico nella piscina? E di sabato con il letto, per giunta?
La citata Mishnah Shabbat 10:5 [18] dice che è consentito portare dentro o fuori od in luogo pubblico un essere vivente di sabato, e che, poiché il letto è un accessorio, si può portarlo nel letto. Purtroppo in epoca successiva [50] è stata emanata una norma rabbinica che vieta di portare esseri umani il giorno di sabato – dentro, fuori, in un luogo pubblico – non so però se i farisei dell’epoca di Gesù se ne sentissero vincolati.
Per un ebreo d’oggi non avrebbe alcuna importanza: portare un paralitico dove può essere curato sarebbe un ottimo motivo per violare una norma rabbinica; comunque, è improbabile che il paralitico potesse contare su dei portatori, perché sarebbero rimasti con lui per spingerlo in acqua al momento giusto, e lui stesso dichiara che nessuno gli faceva questo favore.
Quindi c’è andato da solo, approfittando di questa scappatoia [51]: se una persona non può fare il giro della sua casa camminando con i suoi piedi, può usare bastone, grucce, sedia a rotelle, ecc., ovunque anche di sabato (gli ausili elettrici però sono problematici in quel giorno), perché queste cose sono considerate equivalenti ai suoi piedi e non carichi trasportati. Similmente un ebreo osservante può uscire di casa di sabato inforcando gli occhiali da vista od indossando le lenti a contatto – non può però tenere in tasca occhiali da lettura, per cui è meglio che usi occhiali bi/trifocali o progressivi.
Il termine usato in Giovanni 5 per indicare il “lettuccio”, “κρβαττος = kràbattos” (Strong G2895 [52]), indica un letto semplice per una sola persona, ma è lo stesso termine usato in Marco 2:4 [53]:
04 Non potendo farlo giungere fino a lui a causa della folla, scoperchiarono il tetto dalla parte dov'era Gesù; e, fattavi un'apertura, calarono il lettuccio sul quale giaceva il paralitico.
Il letto, per quanto semplice e povero, era quindi abbastanza robusto da poterlo usare per calarci una persona dal tetto, ed il paralitico di Giovanni 5 avrebbe quindi potuto usarlo a mo’ di stampelle per andare da casa sua alla piscina ed entrarvi, senza che i farisei avessero da obbiettare.
Ma quando Gesù lo ebbe guarito, non gli serviva più per camminare, quindi era diventato un carico che non si poteva portare fuori, dentro, in un luogo pubblico.
In ogni caso, il letto è di fondamentale importanza in quest’episodio, e vale la pena, per approfondire, cercare i passi dell’AT che parlano di “letti”; la parola “κρβαττος = kràbattos” non si trova nella LXX, ma Matteo 9:6 [22], descrivendo la guarigione del paralitico calato dal tetto su un letto, usa il sinonimo “κλνη = klìne” (Strong G2825 [54]), che si trova anche nella LXX, e ci consente quindi un confronto diretto.
I passi della LXX con quel termine sono: Genesi 48:2; Genesi 49:33; Esodo 8:3; Deuteronomio 3:11; 1 Samuele 19:13; 1 Samuele 19:15; 1 Samuele 19:16; 2 Samuele 3:31; 2 Samuele 4:07; 1 Re 17:19; 1 Re 21:4; 2 Re 1:4; 2 Re 1:6; 2 Re 1:16; 2 Re 4:10; 2 Re 4:21; 2 Re 4:32; 2 Re 11:2; Ezechiele 23:41; Amos 6:4; 2 Cronache 16:14; 2 Cronache 22:11; 2 Cronache 24:25; Salmo 6:6; Salmo 41:3; Giobbe 7:13; Proverbi 7:16; Proverbi 26:14; Cantico 1:16; Cantico 3:7; Ester 1:6; Ester 7:8.
Leggendo quei passi, mi sono fatto l’opinione che il letto nella Bibbia non serva solo a dormirci, mangiare, farsi trasportare, essere curati o risuscitati, fare l’amore – sia anche un’importante status symbol e, soprattutto, il luogo in cui uno fa i conti con sé stesso.
Nel Talmud c’è il gioco di parole tra “mittat Sedom = letto di Sodoma” e “middat Sedom = misura, comportamento di Sodoma”, tra cui i peccati che ne hanno meritato la distruzione. Il “letto di Sodoma” in particolare è l’equivalente rabbinico del “letto di Procuste” della mitologia greca, in quanto gli stranieri che giungevano a Sodoma venivano adeguati a forza al letto offerto loro da chi li ospitava: chi era troppo corto veniva stirato, chi era troppo lungo veniva mozzato (Talmud Sanhedrin 109b [55]).
Eliezer, servo di Abramo, la scampò bella quando giunse a Sodoma perché disse ai padroni di casa che aveva fatto voto di dormire sul pavimento dopo la morte della mamma. Nella stessa pagina del Talmud si narrano le ingiuste sentenze dei giudici di Sodoma (l’ultima proprio contro Eliezer) prima di parlare dei suoi letti – Eliezer, rifiutando il letto di Sodoma (mittat Sedom), aveva implicitamente rifiutato il metro di giudizio di Sodoma (middat Sedom).
L’idea ebraica è che il letto deve adeguarsi alla persona, non la persona al letto. Forse l’insistenza di Gesù, a Cafarnao ed a Betesda, che i paralitici guariti si riprendessero il letto nasceva dalla concezione, esplicitata poi nella citata Mishnah Shabbat 10:5 [18], che il letto era un importante accessorio della persona, e che se la verginità di una donna (Deuteronomio 22:16-17 [56]) la si poteva valutare guardando il lenzuolo della sua prima notte di nozze, tutta una persona si potesse giudicare dal suo letto.
Dei passi elencati, quelli che più si addicono al paralitico di Betesda mi paiono:
2 Re 1:2-4 [57]:
02 Acazia cadde dalla ringhiera della sua camera di sopra, a Samaria, e si ammalò. Allora inviò dei messaggeri, dicendo loro: «Andate a consultare Baal-Zebub, dio di Ecron, per sapere se guarirò da questa malattia».
03 Ma un angelo del SIGNORE disse a Elia il Tisbita: «Àlzati, va' incontro ai messaggeri del re di Samaria, e di' loro: "È forse perché non c'è Dio in Israele che voi andate a consultare Baal-Zebub, dio di Ecron?
04 Perciò, così dice il SIGNORE: 'Tu non scenderai dal letto sul quale sei salito, ma certamente morrai'"». Ed Elia se ne andò.
Salmo 6 [58]:
01 Al direttore del coro. Per strumenti a corda. Su ottava. Salmo di Davide.
O SIGNORE, non correggermi nella tua ira,
non castigarmi nel tuo sdegno.
02 Abbi pietà di me, o SIGNORE, perché sono sfinito;
risanami, o SIGNORE, perché le mie ossa sono tutte tremanti.
03 Anche l'anima mia è tutta tremante;
e tu, o SIGNORE, fino a quando?...
04 Ritorna, o SIGNORE, liberami;
salvami, per la tua misericordia.
05 Poiché nella morte non c'è memoria di te;
chi ti celebrerà nel soggiorno dei morti?
06 Io sono esausto a forza di gemere;
ogni notte inondo di pianto il mio letto
e bagno di lacrime il mio giaciglio.
07 L'occhio mio si consuma di dolore,
invecchia a causa di tutti i miei nemici.
08 Via da me, voi tutti malfattori;
poiché il SIGNORE ha udito la voce del mio pianto.
09 Il SIGNORE ha ascoltato la mia supplica,
il SIGNORE accoglie la mia preghiera.
10 Tutti i miei nemici siano confusi e grandemente smarriti;
voltino le spalle per la vergogna in un attimo.
Salmo 41 [59]:
01 Al direttore del coro.
Salmo di Davide.
Beato chi ha cura del povero!
Nel giorno della sventura il SIGNORE lo libererà.
02 Il SIGNORE lo proteggerà e lo manterrà in vita;
egli sarà felice sulla terra,
e tu non lo darai in balìa dei suoi nemici.
03 Il SIGNORE lo sosterrà quando sarà a letto, ammalato;
tu lo consolerai nella sua malattia.
04 Io ho detto: «O SIGNORE, abbi pietà di me;
guarisci l'anima mia, perché ho peccato contro di te».
05 I miei nemici mi augurano del male, dicendo:
«Quando morrà? E quando sarà dimenticato il suo nome?»
06 E se uno di loro viene a vedermi,
dice menzogne;
il suo cuore accumula malvagità dentro di sé;
e, appena uscito, sparla.
07 Tutti quelli che m'odiano bisbigliano tra loro contro di me;
contro di me tramano il male.
08 «È stato colpito», essi dicono,
«da un male incurabile;
e, ora che è steso su un letto, non si rialzerà mai più».
09 Anche l'amico con il quale vivevo in pace,
in cui avevo fiducia, e che mangiava il mio pane,
si è schierato contro di me.
10 Ma tu, o SIGNORE, abbi pietà di me e rialzami,
e io renderò loro quel che si meritano.
11 Così saprò che tu mi gradisci:
se il mio nemico non trionferà di me.
12 Tu mi sosterrai nella mia integrità
e mi accoglierai alla tua presenza per sempre.
13 Sia benedetto il SIGNORE, il Dio d'Israele, ora e sempre. Amen!
Amen!
Proverbi 7 [60]:
01 Figlio mio, custodisci le mie parole,
fa' tesoro dei miei precetti.
02 Osserva i miei precetti e vivrai;
custodisci il mio insegnamento come la pupilla degli occhi.
03 Lègateli alle dita,
scrivili sulla tavola del tuo cuore.
04 Di' alla sapienza: «Tu sei mia sorella»,
e chiama l'intelligenza amica tua,
05 affinché ti preservino dalla donna altrui,
dall'estranea che usa parole seducenti.
06 Ero alla finestra della mia casa,
dietro la mia persiana, e stavo guardando;
07 vidi, tra gli sciocchi,
scòrsi, tra i giovani, un ragazzo privo di senno,
08 che passava per la strada, presso l'angolo dov'essa abitava,
e si dirigeva verso la casa di lei,
09 al crepuscolo, sul declinare del giorno,
quando la notte si faceva nera, oscura.
10 Ecco farglisi incontro una donna
in abito da prostituta e astuta di cuore,
11 turbolenta e proterva,
che non teneva piede in casa:
12 ora in strada, ora per le piazze
e in agguato presso ogni angolo.
13 Essa lo prese, lo baciò
e sfacciatamente gli disse:
14 «Dovevo fare un sacrificio di riconoscenza;
oggi ho sciolto i miei voti;
15 perciò ti sono venuta incontro
per cercarti, e ti ho trovato.
16 Ho abbellito il mio letto con morbidi tappeti;
con coperte ricamate con filo d'Egitto;
17 l'ho profumato di mirra,
di aloè e di cinnamomo.
18 Vieni, inebriamoci d'amore fino al mattino,
sollazziamoci in amorosi piaceri;
19 poiché mio marito non è a casa;
è andato in viaggio lontano;
20 ha preso con sé un sacchetto di denaro,
non tornerà a casa che al plenilunio».
21 Lei lo sedusse con le sue molte lusinghe,
lo trascinò con la dolcezza delle sue labbra.
22 Egli le andò dietro subito,
come un bue va al macello,
come uno stolto è condotto ai ceppi che lo castigheranno,
23 come un uccello si affretta al laccio,
senza sapere che è teso contro la sua vita,
finché una freccia gli trapassi il fegato.
24 Or dunque, figlioli, ascoltatemi,
state attenti alle parole della mia bocca.
25 Il tuo cuore non si lasci trascinare nelle vie di una tale donna;
non ti sviare per i suoi sentieri;
26 perché molti ne ha fatti cadere feriti a morte,
e grande è il numero di quelli che ha uccisi.
27 La sua casa è la via del soggiorno dei morti,
la strada che scende in grembo alla morte.
Cantico 1:15-16 [61]:
15 Come sei bella, amica mia,
come sei bella!
I tuoi occhi sono come quelli dei colombi.
16 Come sei bello, amico mio, come sei amabile!
Anche il nostro letto è verdeggiante.
Cantico 3 [62]:
01 Sul mio letto, durante la notte, ho cercato il mio amore;
l'ho cercato, ma non l'ho trovato.
02 Ora mi alzerò, e andrò attorno per la città,
per le strade e per le piazze;
cercherò il mio amore;
l'ho cercato ma non l'ho trovato.
03 Le guardie che vanno attorno per la città mi hanno incontrata;
e ho chiesto loro: «Avete visto il mio amore?»
04 Di poco le avevo passate,
quando trovai il mio amore;
io l'ho preso, e non lo lascerò,
finché non l'abbia condotto in casa di mia madre,
nella camera di colei che mi ha concepita.
05 Io vi scongiuro, figlie di Gerusalemme,
per le gazzelle, per le cerve dei campi,
non svegliate, non svegliate l'amore mio,
finché lei non lo desideri!
06 Chi è colei che sale dal deserto,
simile a colonne di fumo,
profumata di mirra e d'incenso
e d'ogni aroma dei mercanti?
07 Ecco la lettiga di Salomone,
intorno a cui stanno sessanta prodi,
fra i più valorosi d'Israele.
08 Tutti maneggiano la spada,
sono esperti nelle armi;
ciascuno ha la sua spada al fianco,
per gli spaventi notturni.
09 Il re Salomone si è fatto una lettiga
di legno del Libano.
10 Ne ha fatto le colonne d'argento,
la spalliera d'oro,
il sedile di porpora;
in mezzo è un ricamo, lavoro d'amore
delle figlie di Gerusalemme.
11 Uscite, figlie di Sion, ammirate il re Salomone
con la corona di cui l'ha incoronato sua madre
il giorno delle sue nozze,
il giorno della gioia del suo cuore.
Ho omesso tutti i passi in cui un letto fastoso indica una cattiva persona, salvo Proverbi 7:16 [59], perché quel brano è interessante per altre cose.
Questi versetti:
04 Di' alla sapienza: «Tu sei mia sorella»,
e chiama l'intelligenza amica tua,
05 affinché ti preservino dalla donna altrui,
dall'estranea che usa parole seducenti.
Sono importanti per due motivi: sapienza ed intelligenza sono sinonimi della Torah (vedi Proverbi 3:19 [70], citato in seguito) e le espressioni “ishshah zarah = donna altrui” e “nokhriyah = estranea” possono essere intese anche come “donna idolatra” e “non ebrea”.
Oltretutto questa donna dice:
16 Ho abbellito il mio letto con morbidi tappeti;
con coperte ricamate con filo d'Egitto.
Il filo d’Egitto era probabilmente lino e non cotone [63, 64], ma l’Egitto è il luogo dell’idolatria, quello in cui gli ebrei non hanno rischiato solo lo sterminio, ma anche la perdita della loro identità, prima che Dio mandasse Mosè a soccorrerli.
Invece della pur fastosa lettiga di Salomone è detto [62]:
10 Ne ha fatto le colonne d'argento,
la spalliera d'oro,
il sedile di porpora;
in mezzo è un ricamo, lavoro d'amore
delle figlie di Gerusalemme.
Le ricamatrici ebree gerosolimitane sono a quanto pare a prova di idolatria, e se Salomone avesse arricchito con loro il suo harem, anziché sposare principesse straniere per motivi diplomatici, sembra insinuare l’autore biblico (cfr. 1 Re 11:1-13 [65]), Israele non si sarebbe spaccato in due.
Il paralitico non ha un letto fastoso come la lettiga di Salomone (Israele non se lo può più permettere), e lungi dall’avere sessanta prodi che la sollevano e difendono, aspetta da solo l’agitarsi dell’acqua, ma potrebbe avere la stessa debolezza del re, ed il suo peccato essere riconducibile all’idolatria, anche perché viene guarito il sabato prima della festa di Shavu‘ot/Pentecoste.
Il comportamento dei farisei che “intercettano” il paralitico guarito mi viene ricordato da Cantico 5:2-8 [66]:
02 Io dormivo, ma il mio cuore vegliava.
Sento la voce del mio amico che bussa e dice:
«Aprimi, sorella mia, amica mia,
colomba mia, o mia perfetta!
Poiché il mio capo è coperto di rugiada
e le mie chiome sono piene di gocce della notte».
03 Io mi sono tolta la gonna; come me la rimetterei ancora?
Mi sono lavata i piedi; come li sporcherei ancora?
04 L'amico mio ha passato la mano per la finestra,
il mio amore si è agitato per lui.
05 Mi sono alzata per aprire al mio amico,
e le mie mani hanno stillato mirra,
le mie dita mirra liquida,
sulla maniglia della serratura.
06 Ho aperto all'amico mio,
ma l'amico mio si era ritirato, era partito.
Ero fuori di me mentr'egli parlava;
l'ho cercato, ma non l'ho trovato;
l'ho chiamato, ma non mi ha risposto.
07 Le guardie che vanno attorno per la città mi hanno incontrata,
mi hanno battuta, mi hanno ferita;
le guardie delle mura mi hanno strappato il velo.
08 Io vi scongiuro, figlie di Gerusalemme,
se trovate il mio amico,
che gli direte?
Che sono malata d'amore.
Il paralitico si rende conto di aver aspettato troppo ad abbracciare la sua sposa (la Torah o sua moglie) e vuole ritrovarla, ma lo fa in maniera inappropriata (portar fuori il proprio letto di sabato somiglia all'uscire di casa col coprifuoco); i farisei/le guardie non capiscono la situazione e fanno il loro lavoro in maniera stupida e crudele.
Un passo che si può ricollegare a tutti questi è Genesi 28:10-22 [67]:
10 Giacobbe partì da Beer-Sceba e andò verso Caran.
11 Giunse ad un certo luogo e vi passò la notte, perché il sole era già tramontato. Prese una delle pietre del luogo, se la mise per capezzale e lì si coricò.
12 Fece un sogno: una scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima toccava il cielo; e gli angeli di Dio salivano e scendevano per la scala.
13 Il SIGNORE stava al di sopra di essa e gli disse: «Io sono il SIGNORE, il Dio d'Abraamo tuo padre e il Dio d'Isacco. La terra sulla quale tu stai coricato, io la darò a te e alla tua discendenza.
14 La tua discendenza sarà come la polvere della terra e tu ti estenderai a occidente e a oriente, a settentrione e a meridione, e tutte le famiglie della terra saranno benedette in te e nella tua discendenza.
15 Io sono con te, e ti proteggerò dovunque tu andrai e ti ricondurrò in questo paese, perché io non ti abbandonerò prima di aver fatto quello che ti ho detto».
16 Quando Giacobbe si svegliò dal sonno, disse: «Certo, il SIGNORE è in questo luogo e io non lo sapevo!»
17 Ebbe paura e disse: «Com'è tremendo questo luogo! Questa non è altro che la casa di Dio, e questa è la porta del cielo!»
18 Giacobbe si alzò la mattina di buon'ora, prese la pietra che aveva messa come capezzale, la pose come pietra commemorativa e vi versò sopra dell'olio.
19 E chiamò quel luogo Betel; mentre prima di allora il nome della città era Luz.
20 Giacobbe fece un voto, dicendo: «Se Dio è con me, se mi protegge durante questo viaggio che sto facendo, se mi dà pane da mangiare e vesti da coprirmi,
21 e se ritorno sano e salvo alla casa di mio padre, il SIGNORE sarà il mio Dio
22 e questa pietra, che ho eretta come monumento, sarà la casa di Dio; di tutto quello che tu mi darai, io certamente ti darò la decima».
Qui non si parla di letti, ma di una pietra (e la frase “se la mise per capezzale” non è una traduzione fedelissima – l’ebraico dice semplicemente “la mise sotto il suo capo”), però anche qui Giacobbe/Israele è costretto a dormire da solo, la moglie che gli è stata promessa da suo padre Isacco è lontana, non sa se la promessa verrà mantenuta dallo zio Labano.
Giacobbe/Israele avrebbe tutto il diritto di imitare sua nonna Sara (Genesi 18:12 [68]) e ridere di questa promessa (gli si promette una discendenza innumerevole, ma gli stanno tenendo compagnia solo degli angeli, creature sublimi ma palesemente inadatte al compito!), ma decide di darle invece credito, e capisce che dalla pietra su cui ha poggiato il capo deriverà (seppure altrove) il Tempio, che a quella pietra corrisponderà anche la lettiga di Salomone, e purtroppo anche, per l'evangelista, il lettuccio del paralitico.
La promessa di un'innumerevole posterità riaggancia questo passo a numerosi passi biblici, tra cui quello di Osea sopra citato; anche il paralitico gode solo della compagnia dell'angelo che agita l'acqua per lui, ma vede che lui non riesce ad avvicinarvisi, e non può fare altro che ripetere l'agitazione ogni giorno in attesa del momento buono - e questo lo avvicina a Giacobbe/Israele.
La gematria osserva che in ebraico le parole Sullam = scala” e Sinay = Monte Sinai” hanno lo stesso valore numerico, e quindi Giacobbe/Israele ottiene in quell'occasione un'anticipazione della Rivelazione, del dono della Torah – e lui reagisce positivamente promettendo al Signore devozione.
Una cosa che ha turbato gli interpreti è questa: perché gli angeli “salivano e scendevano”? A rigor di logica non sarebbe dovuto avvenire il contrario? Il midrash risolve la difficoltà dicendo che gli angeli che salgono sono quelli che hanno appena distrutto Sodoma.
Non è che Sodoma fosse vicina (Luz/Betel è a nord di Gerusalemme, Sodoma a sud), e perché gli angeli, anziché ascendere direttamente al cielo al termine della loro missione, sono sfilati in parata davanti a Giacobbe/Israele prima di salire sulla scala?
Di Sodoma dice Ezechiele 16:49 [69]:
49 Ecco, questa fu l'iniquità di Sodoma, tua sorella: lei e le sue figlie vivevano nell'orgoglio, nell'abbondanza del pane, e nell'ozio indolente; ma non sostenevano la mano dell'afflitto e del povero.
La parata degli angeli ammonisce Giacobbe/Israele a non fare queste cose - ammonimento che si ritrova anche nel citato Salmo 41 [59], ed anche questo sembra peccato da non ripetere e da cui Gesù mette in guardia l'ex-paralitico guarito.
Un altro brano utile mi pare Proverbi 3:11-26 [70]:
11 Figlio mio, non disprezzare la correzione del SIGNORE,
non ti ripugni la sua riprensione;
12 perché il SIGNORE riprende colui che egli ama,
come un padre il figlio che gradisce.
13 Beato l'uomo che ha trovato la saggezza,
l'uomo che ottiene l'intelligenza!
14 Poiché il guadagno che essa procura è migliore a quello dell'argento,
il profitto che se ne trae vale più dell'oro fino.
15 Essa è più pregevole delle perle,
quanto hai di più prezioso non l'equivale.
16 Lunghezza di vita è nella sua destra;
ricchezza e gloria nella sua sinistra.
17 Le sue vie sono vie deliziose,
e tutti i suoi sentieri sono pace.
18 Essa è un albero di vita per quelli che l'afferrano,
e chi la possiede è beato.
19 Con la saggezza il SIGNORE fondò la terra,
e con l'intelligenza rese stabili i cieli.
20 Per la sua scienza gli abissi furono aperti,
e le nuvole distillano la rugiada.
21 Figlio mio, queste cose non si allontanino mai dai tuoi occhi!
Conserva la saggezza e la riflessione!
22 Esse saranno vita per l'anima tua
e un ornamento al tuo collo.
23 Allora camminerai sicuro per la tua via
e il tuo piede non inciamperà.
24 Quando ti coricherai non avrai paura;
starai a letto e il tuo sonno sarà dolce.
25 Non avrai da temere lo spavento improvviso,
né la rovina degli empi, quando verrà;
26 perché il SIGNORE sarà la tua sicurezza,
e preserverà il tuo piede da ogni insidia.
Infatti il fondare la terra e lo stabilire i cieli qui citati:
19 Con la saggezza il SIGNORE fondò la terra,
e con l'intelligenza rese stabili i cieli.

Sono per tradizione avvenuti attraverso la Torah, quindi saggezza ed intelligenza le sono sinonimi, e promettono un riposo tranquillo, esente da spaventi improvvisi da cui premunirsi con una scorta armata – si può quindi essere più saggi ed intelligenti di Salomone, che di quella scorta aveva invece bisogno.
Il paralitico ha avuto 38 anni per riflettere su queste cose, dopo l’incontro con Gesù può metterle in pratica.
Raffaele Yona Ladu
Soci* di Autistic Self Advocacy Network




Note:
[01] Giovanni : Commento al Vangelo spirituale / Raymond E. Brown. - Assisi : Cittadella editrice, 1979.
[02] Il Vangelo Secondo Giovanni : Volume 1: 1,1 - 12,50 / Jean Zumstein, - Torino : Claudiana, 2017.
[03] La Bibbia. Nuovissima versione dai testi originali : III Nuovo Testamento : Vangeli – Atti degli Apostoli – Lettere – Apocalisse. – Cinisello Balsamo : Edizioni Paoline, 1991.


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