Precommento al miracolo della piscina di Betesda (Giovanni 5.1-16)

 46 Infatti, se credeste a Mosè, credereste anche a me; poiché egli ha scritto di me. 47 Ma se non credete ai suoi scritti, come crederete alle mie parole?»In attesa di leggere dei commenti sostanziosi all’episodio di Gesù che guarisce il paralitico nella piscina di Betesda, provo a dire la mia.

Intanto citiamo il brano evangelico [1] [le versioni bibliche non altrimenti qualificate sono de La Nuova Riveduta]:

01 Dopo queste cose ci fu una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. 
02 Or a Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, c'è una vasca, chiamata in ebraico Betesda, che ha cinque portici. 
03 Sotto questi portici giaceva un gran numero d'infermi, di ciechi, di zoppi, di paralitici[, i quali aspettavano l'agitarsi dell'acqua; 
04 perché un angelo scendeva nella vasca e metteva l'acqua in movimento; e il primo che vi scendeva dopo che l'acqua era stata agitata era guarito di qualunque malattia fosse colpito]. 
05 Là c'era un uomo che da trentotto anni era infermo. 
06 Gesù, vedutolo che giaceva e sapendo che già da lungo tempo stava così, gli disse: «Vuoi guarire?» 
07 L'infermo gli rispose: «Signore, io non ho nessuno che, quando l'acqua è mossa, mi metta nella vasca, e mentre ci vengo io, un altro vi scende prima di me». 
08 Gesù gli disse: «Àlzati, prendi il tuo lettuccio e cammina». 
09 In quell'istante quell'uomo fu guarito; e, preso il suo lettuccio, si mise a camminare. 
10 Quel giorno era un sabato; perciò i Giudei dissero all'uomo guarito: «È sabato, e non ti è permesso portare il tuo lettuccio». 
11 Ma egli rispose loro: «Colui che mi ha guarito mi ha detto: "Prendi il tuo lettuccio e cammina"». 
12 Essi gli domandarono: «Chi è l'uomo che ti ha detto: "Prendi il tuo lettuccio e cammina?"» 
13 Ma colui che era stato guarito non sapeva chi fosse; Gesù infatti si era allontanato, perché in quel luogo c'era molta gente. 
14 Più tardi Gesù lo trovò nel tempio, e gli disse: «Ecco, tu sei guarito; non peccare più, ché non ti accada di peggio». 
15 L'uomo se ne andò, e disse ai Giudei che colui che l'aveva guarito era Gesù. 
16 Per questo i Giudei perseguitavano Gesù e cercavano di ucciderlo; perché faceva quelle cose di sabato.

La Nuovissima Versione pubblicata dalla San Paolo afferma queste cose:

  1. Cirillo d’Alessandria, Giovanni Crisostomo ed altri autori ritengono che la festa fosse Shavu’ot/Pentecoste, anche se non c’è alcuna prova certa, ed il commentatore di [1] propende invece per la Pasqua, dichiarandosi d’accordo con la tradizione - spiegherò poi perché preferisco pensare a Shavu’ot/Pentecoste.
  2. La piscina citata è stata ritrovata vicino alla chiesa di Sant’Anna, ai margini della Via Dolorosa, non lontana dal Monte del Tempio, ed era alimentata sia dall’acqua piovana che da una sorgente intermittente, la quale creava il fenomeno spiegato nei versetti 3 e 4 (tecnicamente le parti tra parentesi quadre nella mia citazione sono una glossa: una spiegazione che è stata per errore poi ritenuta parte del testo); secondo Eusebio, l’acqua talvolta diventava rossa ed aveva proprietà curative – da ciò la leggenda, ma io do un’altra spiegazione.
  3. I trentotto anni di infermità secondo il commentatore non hanno valore simbolico (cfr. Deuteronomio 2:14: "Il tempo delle nostre marce, da Cades-Barnea al passaggio del torrente di Zered, fu di trentotto anni, finché tutta quella generazione di guerrieri scomparve interamente dall'accampamento, come il SIGNORE aveva loro giurato"), ma solo prodigioso – mi permetto di dissentire.
  4. Per spiegare l’intervento dei farisei “di guardia”, il commento cita Mishnah Shabbat, 7:2 e 10:5 – quest’ultima citazione [3] è preziosa, ma non per il motivo a cui pensano loro, e lo spiegherò.

Credo che per capire meglio il miracolo, occorra far riferimento a due brani biblici, per la precisione di Geremia, in cui compare l’espressione ebraica “Miqweh Yisrael = Speranza d’Israele”, che si può interpretare anche come “Acqua viva che purifica Israele”, dacché “Miqweh” vuol dire anche “bagno rituale”.

Cominciamo con Geremia 14:8-9 [4]:

08 Speranza d'Israele,
suo salvatore in tempo di angoscia,
perché saresti nel paese come un forestiero,
come un viandante che si ferma per passarvi la notte? 
09 Perché saresti come un uomo sopraffatto,
come un prode che non può salvare?
Eppure, SIGNORE, tu sei in mezzo a noi,
e il tuo nome è invocato su di noi;
non abbandonarci!

E riprendiamo con il ben più significativo Geremia 17:13-18 [5]:

13 Speranza d'Israele, o SIGNORE,
tutti quelli che ti abbandonano saranno confusi;
quelli che si allontanano da te saranno iscritti sulla polvere,
perché hanno abbandonato il SIGNORE, la sorgente delle acque vive. 
14 Guariscimi, SIGNORE, e sarò guarito;
salvami, e sarò salvo;
poiché tu sei la mia lode. 
15 Ecco, essi mi dicono:
«Dov'è la parola del SIGNORE?
che essa si compia, dunque!» 
16 Quanto a me, io non mi sono rifiutato di essere loro pastore agli ordini tuoi,
né ho desiderato il giorno funesto, tu lo sai;
quanto è uscito dalle mie labbra è stato manifesto davanti a te. 
17 Non essere per me uno spavento;
tu sei il mio rifugio nel giorno della calamità. 
18 Siano confusi i miei persecutori; non io sia confuso;
siano spaventati essi, non io sia spaventato;
fa' venire su di loro il giorno della calamità
e colpiscili con doppia distruzione!

La piscina di Betesda poteva fungere da bagno rituale [6] – acqua piovana raccolta ed acqua viva di sorgente sono idonee a purificare, la seconda più della prima, e forse per questo la glossa dice che era un angelo a muovere l’acqua ed a renderla taumaturgica quando probabilmente era l’irrompere discontinuo dell’acqua di sorgente a provocare il fenomeno.

Una cosa va detta: se veramente un angelo fosse venuto di sabato a rendere curativa l’acqua di quella piscina (l’episodio avviene di sabato, e non c’è solo il paralitico nell’area della piscina: tante persone aspettano il miracolo proprio in quel giorno), questo avrebbe chiuso con quasi tre secoli d’anticipo il dibattito rabbinico sulla liceità del guarire di sabato, dibattito invece vivissimo all’epoca di Gesù – se Dio manda un angelo a guarire di sabato, anche l’uomo è tenuto a guarire di sabato.

Chiedo venia per la digressione, ma visto che questo brano alimenta malintesi, ritengo opportuno citare [7] e [9] per dissolverli.

[7] avverte che gli argomenti di Gesù per curare di sabato non li ha pensati solo lui – un secolo dopo li si ritroverà nei rabbini Eleazar ben Azariah, 'Aqiva, e soprattutto Ishmael (l'inventore della locuzione "piquach nefesh = attenzione alla vita = salvare una vita"), anche se il dibattito proseguirà per altri due secoli facendo infine risalire il dovere di guarire di sabato a Levitico 18:5 [8]:

05 Osserverete le mie leggi e le mie prescrizioni, per mezzo delle quali chiunque le metterà in pratica vivrà. Io sono il SIGNORE.

In una parola: la Torah deve far vivere chi la osserva, non ucciderlo, e pertanto, quando c’è una vita in gioco, quasi tutti i divieti della Torah vanno disapplicati.

[9] indica le conclusioni del dibattito: oltre al caso di pericolo di morte, che esige che anche le norme bibliche del sabato vengano violate in modo da salvare il malato, c’è quello della malattia che impedisce di vivere una vita normale – anche quella va curata di sabato; a fare i pignoli, occorrerebbe eseguire uno “shinui = cambiamento” della normale procedura, perché molte azioni compiute di sabato in modo insolito non costituiscono violazione di norma biblica, bensì di norma rabbinica, che cede più facilmente di fronte al precetto di guarire il malato.

Non ci vuol molto per fare uno “shinui”: basta ad esempio chiamare la guardia medica toccando i tasti del telefonino con le nocche anziché con i polpastrelli; oppure recarsi dalla guardia medica salendo in macchina dalla parte del passeggero anziché del guidatore – questo si fa solo se si è SICURI di aver tempo da perdere e di non nuocere così al paziente. Se non è così, si ricade nel caso del pericolo di vita che impone di usare il mezzo più efficace possibile per salvare il paziente, sabato o non sabato.

Tornando alla piscina, uno può pensare che per la purificazione rituale si debba per forza entrare in acqua come mamma ci ha fatti – sarebbe l’ideale, ma quando si è esposti ad occhi indiscreti si indossa una veste abbastanza larga da non aderire al corpo e consentire all’acqua di toccare la pelle in ogni punto. Così probabilmente facevano sia i discepoli di Giovanni nel Giordano, sia i pellegrini che dopo il bagno nella piscina di Betesda salivano al vicino Tempio.

Tornando alla piscina, la guarigione che poteva offrire era spirituale, non medica – come si conviene ad una fonte di acqua viva, ed acqua viva è la Torah/Parola di Dio.

Guarda caso, l'evangelista rimarca che la piscina ha cinque portici - uno per ogni libro del Pentateuco, e viene da chiedersi se non fosse stata costruita così a bella posta (come le sinagoghe, che hanno in genere cinque finestre - e non mancano le chiese cristiane con cinque finestre in onore dei cinque discorsi di Gesù nel Vangelo secondo Matteo, anch'essi fatti corrispondere ognuno ad un libro del Pentateuco); l’angelo che agitando l’acqua guarisce solo il primo che vi si butta dentro fa pensare ad una trovata pubblicitaria, ma credo che rappresenti il principio dell’Elezione d’Israele: la Torah è destinata solo a lui.

La festa del dono della Torah è Shavu’ot/Pentecoste, che ha anche il vantaggio che, svolgendosi in maggio/giugno, una persona può buttarsi nell’acqua della piscina senza temere di guarire da tutti i precedenti malanni per poi prendersi il raffreddore.

Nell’Israele d’oggi, per festeggiare il dono della Torah come acqua di vita (e combattere il caldo subtropicale di fine primavera – inizio estate), gli ebrei israeliani giocano con l’acqua e se la spruzzano addosso; l’uso è contemporaneo e non rituale, ma perfettamente in linea con la tradizione religiosa ebraica.

Sono convinto che il paralitico rappresenti il popolo ebraico, che si trova in una situazione in cui non gli è possibile entrare in contatto con l’acqua viva della Torah, che invece va a profitto di altre persone.

Il paralitico per fortuna non appare risentito del fatto che il diritto di Elezione è diventato diritto di Prelazione (cfr. anche Geremia 17:16 [10], “Quanto a me, io non mi sono rifiutato di essere loro pastore agli ordini tuoi”), ma ci vuole qualcuno che rimetta le cose a posto, e consenta anche a lui di trarre profitto dal dono che era stato riservato innanzitutto a lui.

Il letto su cui giace il paralitico è un punto dolente di tutta la storia.

Innanzitutto va detto che il paralitico non è poi così povero e sprovveduto: Gerusalemme è sulla cima di un colle, è una città freddina, su cui d’inverno cade la neve, e la sua minima di gennaio al giorno d’oggi (con il cambiamento climatico in corso!) è di 4° C.

Con una temperatura simile, un senzatetto per giunta paralitico (che non può muovere le gambe per scaldarsi) muore il primo inverno, non campa trentott’anni! Nel 2018 è stato stimato che nei precedenti quindici anni fossero morti 610 senzatetto nello stato d'Israele (e sono quelli che sono stati ritrovati dalle autorità) [11] - per chi dorme all'addiaccio in Israele, anche nelle città della costa, morire assiderato è un rischio concreto, non una congettura teorica.

Il paralitico doveva avere una casa, e le elemosine che riceveva dovevano permettergli di mantenere qualcuno che la tenesse in ordine e gli facesse da mangiare (non è così facile accendere il fuoco con esca e pietra focaia nemmeno se si è normoabili).

Anche a Cana ho notato che le esigenze materiali erano soddisfatte (non manca il cibo al banchetto nuziale), ma non quelle spirituali (rappresentate dal vino che proprio Gesù deve procurare a partire dall'acqua viva).

Come ha fatto il paralitico a recarsi nella piscina di Betesda?

Le ipotesi sono due: o si è fatto portare da qualcuno, oppure ha usato il lettuccio a mo’ di stampelle e ci è andato da solo.

Mishnah Shabbat 10:5 [3], quella che i commentatori della San Paolo hanno citato a sproposito, autorizza a portare un essere vivente su un letto, anche di sabato, ovunque.

Però i rabbini hanno poi vietato di trasportare esseri umani di sabato [12], per “creare una siepe intorno alla Torah” – non mi è chiaro però quando è stata varata questa norma.

Per un ebreo d’oggi non avrebbe nessuna importanza, in questo caso particolare – portare un paralitico dove può essere curato sarebbe motivo sufficiente per violare una norma rabbinica a tutela del sabato [9]. Ma all’epoca di Gesù?

Comunque sia, se i portatori avessero portato il paralitico in piscina, avrebbero probabilmente anche aspettato insieme con lui il momento giusto per gettarlo in acqua, e lo avrebbero fatto con somma gioia.

Quindi, il paralitico ci è andato da solo. Legalmente, poteva farlo?

Mi spiace fare il pignolo, ma anche qui c’è un altro malinteso da dissipare.

Se una persona non può fare il giro intorno a casa sua con i soli suoi piedi, bastoni, stampelle, sedie a rotelle, ecc. sono considerati equivalenti ai suoi piedi, non un carico trasportato, ed il disabile può usarli ovunque anche di sabato [13]. Allo stesso modo un ebreo osservante può uscire di casa di sabato inforcando gli occhiali da vista - gli conviene che siano bi/trifocali o progressivi, perché gli occhiali da lettura che vorrebbe altrimenti mettere in tasca non godono della medesima esenzione.

Quindi, gli occhiuti farisei sulla soglia della piscina di Betesda non avrebbero avuto nulla da obbiettare vedendo il paralitico arrancare appoggiandosi al lettuccio, ed entrare usandone le sponde come stampelle.

Ma quando Gesù lo guarisce le cose cambiano: il letto non gli è più indispensabile per camminare, quindi da ausilio è diventato carico.

E che dice la legge ebraica sui carichi? Mi diverto a citare non tanto Mishnah Shabbat 10:5 [3], che per descrivere i comportamenti che potrebbero essere vietati di sabato usa il verbo “hotzia = far uscire”, non semplicemente “nasa = portare”, ma anche Geremia 17:21-22 [14]:

21 Così parla il SIGNORE:
Per amore della vostra stessa vita,
guardatevi dal portare nessun carico
e dal farlo passare per le porte di Gerusalemme, in giorno di sabato; 
22 non tirate fuori dalle vostre case nessun carico
e non fate nessun lavoro in giorno di sabato;
ma santificate il giorno del sabato,
come io comandai ai vostri padri.

Lo sbaglio dell’ex-paralitico guarito da cui i farisei lo invitano a guardarsi non è prendere in mano il lettuccio, bensì tentare di farlo uscire dal perimetro della piscina.

Gesù voleva provocare una violazione del sabato? Oppure voleva che quell’uomo girasse intorno alle vasche della piscina fino al termine del sabato, con il lettuccio in mano, per mostrare a tutti che era stato guarito, prima di tornare a casa con il famoso lettuccio?

Mi pare più probabile la seconda ipotesi – purtroppo l’uomo non ha capito che cosa Gesù voleva da lui, ed i farisei nemmeno.

Che cosa rendeva tanto importante il lettuccio? Perché non poteva essere semplicemente abbandonato nella piscina?

“Lettuccio” traduce il greco “krabattos”, ed indica un letto da campo ad una piazza.

La parola si trova solo nell’NT, non nella LXX, quindi non c’è una corrispondenza diretta tra NT ed AT – occorre congetturarla cercando i brani biblici in cui compare un “letto”.

I più promettenti per il mio discorso li traggo dai Salmi e dal Cantico:

Salmo 6:6 [15]:

06 Io sono esausto a forza di gemere;
ogni notte inondo di pianto il mio letto
e bagno di lacrime il mio giaciglio.

Salmo 41 [16]:

01 Al direttore del coro.
Salmo di Davide.
Beato chi ha cura del povero!
Nel giorno della sventura il SIGNORE lo libererà. 
02 Il SIGNORE lo proteggerà e lo manterrà in vita;
egli sarà felice sulla terra,
e tu non lo darai in balìa dei suoi nemici. 
03 Il SIGNORE lo sosterrà quando sarà a letto, ammalato;
tu lo consolerai nella sua malattia. 
04 Io ho detto: «O SIGNORE, abbi pietà di me;
guarisci l'anima mia, perché ho peccato contro di te». 
05 I miei nemici mi augurano del male, dicendo:
«Quando morrà? E quando sarà dimenticato il suo nome?» 
06 E se uno di loro viene a vedermi,
dice menzogne;
il suo cuore accumula malvagità dentro di sé;
e, appena uscito, sparla. 
07 Tutti quelli che m'odiano bisbigliano tra loro contro di me;
contro di me tramano il male. 
08 «È stato colpito», essi dicono,
«da un male incurabile;
e, ora che è steso su un letto, non si rialzerà mai più». 
09 Anche l'amico con il quale vivevo in pace,
in cui avevo fiducia, e che mangiava il mio pane,
si è schierato contro di me. 
10 Ma tu, o SIGNORE, abbi pietà di me e rialzami,
e io renderò loro quel che si meritano. 
11 Così saprò che tu mi gradisci:
se il mio nemico non trionferà di me. 
12 Tu mi sosterrai nella mia integrità
e mi accoglierai alla tua presenza per sempre. 
13 Sia benedetto il SIGNORE, il Dio d'Israele, ora e sempre. Amen!
Amen!

Salmo 63 [17]:

01 Salmo di Davide, quand'era nel deserto di Giuda.
O Dio, tu sei il mio Dio, io ti cerco dall'alba;
di te è assetata l'anima mia, a te anela il mio corpo
languente in arida terra, senz'acqua. 
02 Così ti ho contemplato nel santuario,
per veder la tua forza e la tua gloria. 
03 Poiché la tua bontà vale più della vita,
le mie labbra ti loderanno. 
04 Così ti benedirò finché io viva,
e alzerò le mani invocando il tuo nome. 
05 L'anima mia sarà saziata come di midollo e di grasso,
e la mia bocca ti loderà con labbra gioiose. 
06 Di te mi ricordo nel mio letto,
a te penso nelle veglie notturne. 
07 Poiché tu sei stato il mio aiuto,
io esulto all'ombra delle tue ali. 
08 L'anima mia si lega a te per seguirti;
la tua destra mi sostiene. 
09 Ma quanti cercano la rovina dell'anima mia,
sprofonderanno nelle parti più basse della terra. 
10 Saranno dati in balìa della spada,
saranno preda di sciacalli. 
11 Ma il re si rallegrerà in Dio;
chiunque giura per lui si glorierà,
perché ai bugiardi verrà chiusa la bocca.

I brani più significativi secondo me vengono dal Cantico.

Infatti la Torah è la sposa d’Israele, prima di un matrimonio ebraico sposa e sposo debbono passare per il “Miqweh = bagno rituale” per purificarsi, il sabato prima del matrimonio lo sposo è chiamato a leggere la Torah, ed è nato di recente l’uso che quel sabato la sposa offra un rinfresco alle donne della comunità.

Questo sabato prenuziale viene detto “Shabbat Kallah = sabato della sposa”, e le comunità ebraiche sefardite chiamano così anche il sabato prima di Shavu’ot/Pentecoste (presumibilmente il giorno in cui si svolse questo miracolo), appunto perché il dono della Torah è il matrimonio d’Israele con essa. Sono stati anche composti degli inni nuziali e vergati contratti matrimoniali per l’occasione – per il matrimonio d’Israele con la Torah. Dall’epoca dei Geonim (589-1040 EV) si sono cominciati a comporre anche degli Ahzarot, canti che riassumono i 613 precetti della Torah, cantati in alcune comunità proprio il giorno di Shavu’ot/Pentecoste, in altre nel sabato che lo precede – “Shabbat Kallah”.

Il calendario liturgico ebraico prevede che in quel giorno siano letti Numeri 1-4:20 (Parashat Bamidbar) [18], in cui viene ordinato il censimento dei figli d’Israele dopo la catastrofe del vitello d’oro, ed Osea 2:1-22 (Haftarat Bamidbar) [19], in cui non solo si ripete la promessa che i figli d’Israele saranno innumerevoli come i granelli di sabbia, ma lo sposo tradito dalla sposa con numerosi amanti (comincio a chiedermi se davvero fosse positivo che tante persone prima del paralitico siano riuscite a tuffarsi nella piscina proprio nel momento giusto per loro) la riporta a sé dedicandole questo bellissimo cantico, che qui riporto nella versione dall’ebraico di rav Dario Di Segni, perché il testo non corrisponde a quello della Nuova Riveduta (che numera i medesimi versetti da 14 a 20 - chi la preferisce clicchi su [20]):

16 Perciò Io voglio attirarla a me, condurla nel deserto e parlare al suo cuore, 
17 e quando sarà là le darò le sue vigne, trasformerò la valle di ‘Achor in porta di speranza, e là Mi risponderà come nei giorni della sua giovinezza, e come quando uscì dal paese d’Egitto. 
18 E in quel giorno, detto del Signore, Mi chiamerai iscì [uomo mio] e non più ba‘lì [padrone mio]. 
19 Toglierò dalla tua bocca i nomi dei ba‘al, e i loro nomi non saranno più menzionati. 
20 E in quel giorno farò per loro un patto con gli animali terrestri, con gli uccelli che volano verso il cielo e con i rettili che strisciano in terra, romperò, sicché non ci siano più nel paese, arco, spada e strumenti di guerra, e li farò giacere in sicurezza. 
21 E ti destinerò a Mia sposa per sempre, ti destinerò a Mia sposa dandoti giustizia, diritto, bontà e misericordia, 
22 e ti destinerò a Mia sposa dandoti fedeltà, e riconoscerai che Io sono il Signore.

Un matrimonio arenatosi riprende il largo assumendo pure valore escatologico – e se il paralitico fosse stato nella medesima situazione, ovvero avesse avuto a casa una moglie che eroicamente si prendeva cura di lui, ma lui non era in grado di soddisfarla, e magari lei lo tradiva, un po’ per il piacere, un po’ per il denaro?

Eppure lui l’ama comunque, tanto da pensare che è venuto il momento di riconquistarla e commettere la sventatezza di voler tornare subito a casa perché di sabato c’è una cosa da fare, lecita e raccomandata, per cui il letto è indispensabile – anche se in due in quel lettuccio si sta strettini.

Il Cantico è nato per gli sposi, ed i sefarditi lo cantano anche ogni sabato. I brani che ritengo più significativi sono:

Cantico 1:15-16 [21]:

15 Come sei bella, amica mia,
come sei bella!
I tuoi occhi sono come quelli dei colombi. 
16 Come sei bello, amico mio, come sei amabile!
Anche il nostro letto è verdeggiante.

Cantico 3 [22]:

01 Sul mio letto, durante la notte, ho cercato il mio amore;
l'ho cercato, ma non l'ho trovato. 
02 Ora mi alzerò, e andrò attorno per la città,
per le strade e per le piazze;
cercherò il mio amore;
l'ho cercato ma non l'ho trovato. 
03 Le guardie che vanno attorno per la città mi hanno incontrata;
e ho chiesto loro: «Avete visto il mio amore?» 
04 Di poco le avevo passate,
quando trovai il mio amore;
io l'ho preso, e non lo lascerò,
finché non l'abbia condotto in casa di mia madre,
nella camera di colei che mi ha concepita. 
05 Io vi scongiuro, figlie di Gerusalemme,
per le gazzelle, per le cerve dei campi,
non svegliate, non svegliate l'amore mio,
finché lei non lo desideri! 
06 Chi è colei che sale dal deserto,
simile a colonne di fumo,
profumata di mirra e d'incenso
e d'ogni aroma dei mercanti? 
07 Ecco la lettiga di Salomone,
intorno a cui stanno sessanta prodi,
fra i più valorosi d'Israele. 
08 Tutti maneggiano la spada,
sono esperti nelle armi;
ciascuno ha la sua spada al fianco,
per gli spaventi notturni. 
09 Il re Salomone si è fatto una lettiga
di legno del Libano. 
10 Ne ha fatto le colonne d'argento,
la spalliera d'oro,
il sedile di porpora;
in mezzo è un ricamo, lavoro d'amore
delle figlie di Gerusalemme. 
11 Uscite, figlie di Sion, ammirate il re Salomone
con la corona di cui l'ha incoronato sua madre
il giorno delle sue nozze,
il giorno della gioia del suo cuore.

Che differenza tra la lettiga di Salomone ed il lettuccio del paralitico! Lui ha sessanta prodi per portarla, il paralitico deve appoggiarsi ad esso per camminare. Ma le cose torneranno al loro splendore.

Altri passi che possono essere appropriati sono:

Genesi 28:10-22 [23]:

10 Giacobbe partì da Beer-Sceba e andò verso Caran. 
11 Giunse ad un certo luogo e vi passò la notte, perché il sole era già tramontato. Prese una delle pietre del luogo, se la mise per capezzale e lì si coricò. 
12 Fece un sogno: una scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima toccava il cielo; e gli angeli di Dio salivano e scendevano per la scala. 
13 Il SIGNORE stava al di sopra di essa e gli disse: «Io sono il SIGNORE, il Dio d'Abraamo tuo padre e il Dio d'Isacco. La terra sulla quale tu stai coricato, io la darò a te e alla tua discendenza. 
14 La tua discendenza sarà come la polvere della terra e tu ti estenderai a occidente e a oriente, a settentrione e a meridione, e tutte le famiglie della terra saranno benedette in te e nella tua discendenza. 
15 Io sono con te, e ti proteggerò dovunque tu andrai e ti ricondurrò in questo paese, perché io non ti abbandonerò prima di aver fatto quello che ti ho detto». 
16 Quando Giacobbe si svegliò dal sonno, disse: «Certo, il SIGNORE è in questo luogo e io non lo sapevo!» 
17 Ebbe paura e disse: «Com'è tremendo questo luogo! Questa non è altro che la casa di Dio, e questa è la porta del cielo!» 
18 Giacobbe si alzò la mattina di buon'ora, prese la pietra che aveva messa come capezzale, la pose come pietra commemorativa e vi versò sopra dell'olio. 
19 E chiamò quel luogo Betel; mentre prima di allora il nome della città era Luz. 
20 Giacobbe fece un voto, dicendo: «Se Dio è con me, se mi protegge durante questo viaggio che sto facendo, se mi dà pane da mangiare e vesti da coprirmi, 
21 e se ritorno sano e salvo alla casa di mio padre, il SIGNORE sarà il mio Dio 
22 e questa pietra, che ho eretta come monumento, sarà la casa di Dio; di tutto quello che tu mi darai, io certamente ti darò la decima».

Qui non si parla di letti, ma di una pietra (e la frase "se la mise per capezzale" non è una traduzione fedelissima - l'ebraico dice semplicemente "la mise sotto il suo capo"), però anche qui Giacobbe/Israele è costretto a dormire da solo, ed anche se gli è stata promessa una moglie da suo padre Isacco, non sa se la promessa verrà mantenuta dallo zio Labano.

Giacobbe/Israele avrebbe tutto il diritto di imitare sua nonna Sara (Genesi 18:12 [24]) e ridere di questa promessa (gli si promette una discendenza innumerevole, ma gli stanno tenendo compagnia solo degli angeli, creature sublimi ma palesemente inadatte al compito!), ma decide di darle invece credito, e capisce che dalla pietra su cui ha poggiato il capo deriverà (seppure altrove) il Tempio, che a quella pietra corrisponderà anche la lettiga di Salomone, e purtroppo anche, per l'evangelista, il lettuccio del paralitico.

La promessa di un'innumerevole posterità riaggancia questo passo a numerosi passi biblici, tra cui quello di Osea sopra citato, da cui vengono tratte le parole della consacrazione nuziale ebraica:

21 E ti destinerò a Mia sposa per sempre, ti destinerò a Mia sposa dandoti giustizia, diritto, bontà e misericordia, 
22 e ti destinerò a Mia sposa dandoti fedeltà, e riconoscerai che Io sono il Signore.
Il paralitico gode solo della compagnia dell'angelo che agita l'acqua per lui, ma che vede che lui non riesce ad avvicinarvisi, e non può fare altro che ripetere l'agitazione ogni giorno in attesa del momento buono - e questo lo avvicina a Giacobbe/Israele.

La gematria osserva che in ebraico le parole "Sinay = Monte Sinai" e "Sullam = scala" hanno lo stesso valore numerico, e quindi Giacobbe/Israele ottiene in quell'occasione un'anticipazione della Rivelazione, del dono della Torah.

Una cosa che ha turbato gli interpreti è questa: perché gli angeli "salivano e scendevano"? A rigor di logica non sarebbe dovuto avvenire il contrario? Il midrash risolve la difficoltà dicendo che gli angeli che salgono sono quelli che hanno appena distrutto Sodoma.

Non è che Sodoma fosse vicina, e perché gli angeli, anziché ascendere direttamente al cielo al termine della loro missione, sono sfilati in parata davanti a Giacobbe/Israele prima di salire sulla scala?

Di Sodoma dice Ezechiele 16:49 [25]:

49 Ecco, questa fu l'iniquità di Sodoma, tua sorella: lei e le sue figlie vivevano nell'orgoglio, nell'abbondanza del pane, e nell'ozio indolente; ma non sostenevano la mano dell'afflitto e del povero.

La parata degli angeli ammonisce Giacobbe/Israele a non fare queste cose - ammonimento che si ritrova anche nel citato Salmo 41 [17], e che forse è il peccato da non ripetere e da cui Gesù mette in guardia l'ex-paralitico guarito.

Il comportamento dei farisei che bloccano l'ex-paralitico guarito ricorda un altro brano biblico:

Cantico 5:2-8 [26]:

02 Io dormivo, ma il mio cuore vegliava.
Sento la voce del mio amico che bussa e dice:
«Aprimi, sorella mia, amica mia,
colomba mia, o mia perfetta!
Poiché il mio capo è coperto di rugiada
e le mie chiome sono piene di gocce della notte». 
03 Io mi sono tolta la gonna; come me la rimetterei ancora?
Mi sono lavata i piedi; come li sporcherei ancora? 
04 L'amico mio ha passato la mano per la finestra,
il mio amore si è agitato per lui. 
05 Mi sono alzata per aprire al mio amico,
e le mie mani hanno stillato mirra,
le mie dita mirra liquida,
sulla maniglia della serratura. 
06 Ho aperto all'amico mio,
ma l'amico mio si era ritirato, era partito.
Ero fuori di me mentr'egli parlava;
l'ho cercato, ma non l'ho trovato;
l'ho chiamato, ma non mi ha risposto. 
07 Le guardie che vanno attorno per la città mi hanno incontrata,
mi hanno battuta, mi hanno ferita;
le guardie delle mura mi hanno strappato il velo. 
08 Io vi scongiuro, figlie di Gerusalemme,
se trovate il mio amico,
che gli direte?
Che sono malata d'amore.

Il paralitico per molti anni si è comportato come la sposa del Cantico, che ha nicchiato a rispondere al richiamo del suo sposo - e quando si è decisa/ha potuto farlo, ha incontrato le guardie che facevano sì il loro mestiere (come i farisei), ma non hanno capito la situazione e l'hanno trattato/a male.

Lo so, ormai le citazioni bibliche che aggiungo sono sempre meno illuminanti (un economista direbbe che hanno "utilità marginale decrescente"), però credo siano ancora significative. Prendiamo ad esempio i Proverbi, che sembrano molto attenti al valore del letto:

Proverbi 3:11-26 [27]:

11 Figlio mio, non disprezzare la correzione del SIGNORE,
non ti ripugni la sua riprensione; 
12 perché il SIGNORE riprende colui che egli ama,
come un padre il figlio che gradisce. 
13 Beato l'uomo che ha trovato la saggezza,
l'uomo che ottiene l'intelligenza! 
14 Poiché il guadagno che essa procura è migliore a quello dell'argento,
il profitto che se ne trae vale più dell'oro fino. 
15 Essa è più pregevole delle perle,
quanto hai di più prezioso non l'equivale. 
16 Lunghezza di vita è nella sua destra;
ricchezza e gloria nella sua sinistra. 
17 Le sue vie sono vie deliziose,
e tutti i suoi sentieri sono pace. 
18 Essa è un albero di vita per quelli che l'afferrano,
e chi la possiede è beato. 
19 Con la saggezza il SIGNORE fondò la terra,
e con l'intelligenza rese stabili i cieli. 
20 Per la sua scienza gli abissi furono aperti,
e le nuvole distillano la rugiada. 
21 Figlio mio, queste cose non si allontanino mai dai tuoi occhi!
Conserva la saggezza e la riflessione! 
22 Esse saranno vita per l'anima tua
e un ornamento al tuo collo. 
23 Allora camminerai sicuro per la tua via
e il tuo piede non inciamperà. 
24 Quando ti coricherai non avrai paura;
starai a letto e il tuo sonno sarà dolce. 
25 Non avrai da temere lo spavento improvviso,
né la rovina degli empi, quando verrà; 
26 perché il SIGNORE sarà la tua sicurezza,
e preserverà il tuo piede da ogni insidia.

Qui saggezza ed intelligenza sembrano sinonimi della Torah, e l'uomo che se le tiene strette ha il privilegio di dormire tranquillo nel suo letto. Lo spavento improvviso sembra rimandare al citato Cantico 3:8 [22], ma chi dorme protetto dal Signore (e quando serve corretto dal Signore) di prodi armati di spada non ha bisogno.

Ma non tutti i letti sono uguali - si deve preferire quello della propria moglie a quello della moglie altrui, per quanto più raffinato appaia a prima vista.

Proverbi 7 [28]:

01 Figlio mio, custodisci le mie parole,
fa' tesoro dei miei precetti. 
02 Osserva i miei precetti e vivrai;
custodisci il mio insegnamento come la pupilla degli occhi. 
03 Lègateli alle dita,
scrivili sulla tavola del tuo cuore. 
04 Di' alla sapienza: «Tu sei mia sorella»,
e chiama l'intelligenza amica tua, 
05 affinché ti preservino dalla donna altrui,
dall'estranea che usa parole seducenti. 
06 Ero alla finestra della mia casa,
dietro la mia persiana, e stavo guardando; 
07 vidi, tra gli sciocchi,
scòrsi, tra i giovani, un ragazzo privo di senno, 
08 che passava per la strada, presso l'angolo dov'essa abitava,
e si dirigeva verso la casa di lei, 
09 al crepuscolo, sul declinare del giorno,
quando la notte si faceva nera, oscura. 
10 Ecco farglisi incontro una donna
in abito da prostituta e astuta di cuore, 
11 turbolenta e proterva,
che non teneva piede in casa: 
12 ora in strada, ora per le piazze
e in agguato presso ogni angolo. 
13 Essa lo prese, lo baciò
e sfacciatamente gli disse: 
14 «Dovevo fare un sacrificio di riconoscenza;
oggi ho sciolto i miei voti; 
15 perciò ti sono venuta incontro
per cercarti, e ti ho trovato. 
16 Ho abbellito il mio letto con morbidi tappeti;
con coperte ricamate con filo d'Egitto; 
17 l'ho profumato di mirra,
di aloè e di cinnamomo. 
18 Vieni, inebriamoci d'amore fino al mattino,
sollazziamoci in amorosi piaceri; 
19 poiché mio marito non è a casa;
è andato in viaggio lontano; 
20 ha preso con sé un sacchetto di denaro,
non tornerà a casa che al plenilunio». 
21 Lei lo sedusse con le sue molte lusinghe,
lo trascinò con la dolcezza delle sue labbra. 
22 Egli le andò dietro subito,
come un bue va al macello,
come uno stolto è condotto ai ceppi che lo castigheranno, 
23 come un uccello si affretta al laccio,
senza sapere che è teso contro la sua vita,
finché una freccia gli trapassi il fegato. 
24 Or dunque, figlioli, ascoltatemi,
state attenti alle parole della mia bocca. 
25 Il tuo cuore non si lasci trascinare nelle vie di una tale donna;
non ti sviare per i suoi sentieri; 
26 perché molti ne ha fatti cadere feriti a morte,
e grande è il numero di quelli che ha uccisi. 
27 La sua casa è la via del soggiorno dei morti,
la strada che scende in grembo alla morte.
La traduzione del versetto 5 non rende perfettamente l'originale: "Ishshah zarah" non è solo la "donna altrui" nel senso banale di "moglie di un altro", è la "donna idolatra", e la parola "Nokhriah" non vuol dire solo "estranea", ma anche "non ebrea" - non per niente, per descrivere il lusso del suo letto, questa donna dice che lo ha adornato con coperte ricamate di filo d'Egitto (immagino fosse cotone, ma l'Egitto è il luogo dell'idolatria e della perdizione per eccellenza, da cui gli ebrei sono dovuti uscire per non perdere la propria identità, non solo la loro vita).

Se il letto dell'idolatra non ebrea è adorno di "coperte ricamate con filo d'Egitto", la lettiga di Salomone ha sul suo sedile "un ricamo, lavoro d'amore / delle figlie di Gerusalemme". Forse quest'ultimo è meno raffinato dal punto di vista tessile, ma è opera di persone ispirate da sapienza ed intelligenza, e perciò preferito da chi appunto ama queste qualità.

Quest'altro passo mi è piaciuto molto, anche se sembra di rilievo limitato:

Proverbi 26:14 [29]:
14 Come la porta si volge sui cardini,
così il pigro sul suo letto.
Mi è piaciuto semplicemente per questo: se fossi stato al posto del paralitico, avrei piazzato il lettuccio sull'orlo di una vasca, e mi sarei messo bocconi con un braccio piegato sotto il tronco - non appena l'angelo avesse agitato l'acqua, avrei raddrizzato il braccio di scatto, come una molla, rotolandomi così dentro l'acqua!

Ma il capitolo sgrida lo stolto, il pigro ed il maldicente, ed a quanto pare il paralitico non ha nemmeno pensato a fare quello che avrebbe fatto un pigro figlio di pigroni, attento a non muoversi più del necessario.

Postscriptum: la pastora Laura Testa mi ha prestato due commenti a Giovanni, di cui provo ora a parlare.

Il primo è Giovanni : Commento al Vangelo spirituale / Raymond E. Brown. - Assisi : Cittadella editrice, 1979; il secondo è Il Vangelo Secondo Giovanni : Volume 1: 1,1 - 12,50 / Jean Zumstein, - Torino : Claudiana,2017.

Brown riferisce queste cose interessanti:

  1. Ci sono autori che pensano che la festa a cui allude il primo versetto fosse Pesach/Pasqua o Sukkot/Capanne, ma Shavu'ot/Pentecoste ha dalla sua non solo un'antica tradizione della chiesa greca, accettata da alcuni moderni, probabilmente quella a cui si rifacevano il Cirillo d'Alessandria ed il Giovanni Crisostomo citati dal commento delle Edizioni San Paolo, ma anche Giovanni 5:46-47 ("46 Infatti, se credeste a Mosè, credereste anche a me; poiché egli ha scritto di me. 47 Ma se non credete ai suoi scritti, come crederete alle mie parole?»"), versetto che alluderebbe al dono della Torah, avvenuto a Shavu'ot/Pentecoste, e Giovanni 4:35 ("35 Non dite voi che ci sono ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ebbene, vi dico: alzate gli occhi e guardate le campagne come già biancheggiano per la mietitura."), in quanto Shavu'ot/Pentecoste era anche la festa del raccolto del grano - il versetto 4:35 fa pensare che Gesù parlasse verso Pasqua in Samaria e poi si fosse spostato a Gerusalemme.
  2. La piscina di Betesda aveva cinque portici, perché uno di essi la divideva in due vasche; la forma era trapezoidale, e questo mi spiace perché rende meno probabile l'ipotesi che le due vasche rappresentassero le due tavole del Patto, ovvero quelle dei Dieci Comandamenti. In compenso, diversi autori citati da Brown ritengono che i cinque portici alludessero ai cinque libri del Pentateuco.
  3. Brown sta più attento alle norme ebraiche sul sabato, ma, pur avendo letto la Mishnah (Shabbat 7:2 e 10:5), la fraintende comunque, in quanto dice che "trasportare letti vuoti è implicitamente proibito in 10,5".
    1. Provo a tradurre Mishnah Shabbat 10:5 [3]: "Chi fa uscire una pagnotta in un luogo pubblico, è colpevole. Coloro che la fanno uscire in due, sono esenti. Se uno non può farla uscire da solo, e la fanno uscire in due, sono colpevoli. Ma rav Shimeon li dichiara esenti. Se uno fa uscire cibo in quantità minore dello stabilito dentro un vaso, è esente anche per il vaso, in quanto il vaso ne è un accessorio. Un vivente in un letto, è esente anche per il letto, perché il letto ne è un accessorio. Un morto in un letto, è colpevole. E così un pezzo di morto grande come un'oliva, ed un pezzo di "nevelah" [animale kasher immangiabile perché non macellato secondo le regole] grande come un'oliva, ed un pezzo grande come una lenticchia di una bestia che striscia, è colpevole. E rav Shime'on lo dichiara esente".
    2. Le parole "chay = un vivente ..." e "met = un morto ..." sono introdotte dalla preposizione "et", che in ebraico precede un complemento oggetto. Il vivente ed il morto di cui si sta parlando (così come le piccole quantità di altre cose che seguono) sono gli oggetti di un soggetto ed un verbo che l'autore ha lasciato sottintesi perché già usati diverse volte nel medesimo brano - il soggetto è "she- = colui che" ed il verbo è "hotzia = far uscire". Il problema non è stato prendere in mano il lettuccio vuoto (o pagliericcio, come lo chiama il traduttore italiano di Brown), ma cercare di portarlo fuori - se non serviva a trasportare nessuno, era un oggetto come gli altri che di sabato non si può portar fuori.
    3. Il problema è l'atteggiamento di Gesù verso il sabato: la maggior parte dei commentatori cristiani afferma che Gesù affermava la propria divinità dimostrandosi signore del sabato, e violandone le regole, per cui in ogni occasione cercano di "coglierlo in castagna"; io non penso che Gesù volesse questo, e cerco di interpretare le sue parole in modo compatibile con le regole del sabato. In questo caso era possibile, pensandoci un po' - ma né l'ex-paralitico guarito né i farisei "di guardia" ne sono stati capaci.
  4. L'episodio somiglia ad altre guarigioni dei vangeli sinottici, come quella di Marco 2:1-12, ma l'autore ritiene che derivasse da una tradizione genuina risalente a Gesù, non fosse opera di una rielaborazione tardiva.
  5. L'angelo che agita l'acqua viene ritenuto una glossa, senza significato teologico.
  6. Brown dice che il paralitico di questo miracolo è psicologicamente meglio caratterizzato dei suoi equivalenti che si ritrovano nei sinottici, ma gli attribuisce un carattere di grande ingenuità ed immaturità - soprattutto perché, quando i farisei lo rimproverano che sta per violare il sabato, scarica la colpa su Gesù; non si è comportato bene in quell'occasione, ma ho dato una diversa descrizione del personaggio.
  7. Brown paragona i 38 anni in cui il guarito era rimasto paralitico ai 18 anni in cui la donna guarita di sabato in Luca 13:10-17 e era rimasta paralitica, ma ritiene nel primo caso inutile un'interpretazione simbolica del numero "38"; che pensa del numero "18" non lo so, ma faccio notare che è il valore numerico della parola "chay = vivente", e le organizzazioni ebraiche, quando chiedono donazioni, raccomandano che siano multipli di 18 (dollari, euro, sicli, ecc.) perché quel numero è di buon augurio. Difficile per me resistere alla tentazione di pensare che Luca, precisando che la donna era stata afflitta per 18 anni da uno spirito che l'aveva resa paralitica, intendesse dire che la donna aveva trascorso tutta la vita inferma. I 12 anni di costanti emorragie genitali che avevano afflitto la donna guarita in Matteo 9:20-22, Marco 5:25-34, Luca 8:43-48 penso invece che alludano alle 12 tribù d'Israele ed ai 12 pani della presenza mostrati a Dio nel Tempio - la donna era in costante stato di impurità che le impediva una vita ebraica piena.
  8. Tertulliano e Giovanni Crisostomo pensano che l'episodio alluda al battesimo, ed infatti il brano veniva fatto leggere ai catecumeni nella chiesa primitiva; alcuni moderni similmente rinvengono allusioni alla Legge nel simbolismo dell'acqua. Brown respinge l'ipotesi, in quanto l'acqua non ha alcun ruolo nella guarigione del paralitico - come avete visto, dissento, e vado oltre questi interpreti.

Raffaele Yona Ladu
Soci* di Autistic Self-Advocacy Network

Note:























[26] http://www.laparola.net/testo.php?riferimento=cantico+5%3A2-8&versioni[]=Nuova+Riveduta&versioni[]=C.E.I.&versioni[]=Nuova+Diodati&versioni[]=Bibbia+della+Gioia&versioni[]=Riveduta&versioni[]=Diodati&versioni[]=Commentario&versioni[]=Riferimenti+incrociati

[27] http://www.laparola.net/testo.php?riferimento=proverbi+3%3A11-26&versioni[]=Nuova+Riveduta&versioni[]=C.E.I.&versioni[]=Nuova+Diodati&versioni[]=Bibbia+della+Gioia&versioni[]=Riveduta&versioni[]=Diodati&versioni[]=Commentario&versioni[]=Riferimenti+incrociati

[28] http://www.laparola.net/testo.php?riferimento=proverbi+7&versioni[]=Nuova+Riveduta&versioni[]=C.E.I.&versioni[]=Nuova+Diodati&versioni[]=Bibbia+della+Gioia&versioni[]=Riveduta&versioni[]=Diodati&versioni[]=Commentario&versioni[]=Riferimenti+incrociati

[29] http://www.laparola.net/testo.php?riferimento=proverbi+26%3A14&versioni[]=Nuova+Riveduta&versioni[]=C.E.I.&versioni[]=Nuova+Diodati&versioni[]=Bibbia+della+Gioia&versioni[]=Riveduta&versioni[]=Diodati&versioni[]=Commentario&versioni[]=Riferimenti+incrociati

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