Agata Bielik-Robson mi citò


Agata Bielik-Robson sembra avermi citato mentre parlavo di Hannah Arendt - non sono certo un filosofo accademico, ma riporto quello che può aver attirato l'interesse di lei - l'articolo intero è linkato sotto.

Stavo descrivendo l'impressione che mi ha lasciato la lettura del libro:

Strade che divergono : Ebraicità e critica del sionismo / Judith Butler ; traduzione di Fabio De Leonardis. – Milano : Raffaello Cortina Editore, 2013. – ISBN 9788860306916. – Prezzo EUR 26,50

ed il brano che può aver gradito Agata Bielik-Robson dovrebbe essere questo:
La mia personale posizione la si può definire postsionista: il sionismo ha tanti inconvenienti, che la Butler spiega meglio di me; però ha creato una cosa molto importante per gli ebrei come lo Stato d’Israele – ed è uno stato da cambiare, non da abbattere. Non è una posizione troppo diversa da quella di Yoram Kaniuk z.l., espressa qui. 
Le argomentazioni della Butler sono coerenti con quelle delle sue teorie queer, ed un brano dell’introduzione che non ho ritenuto necessario riportare è stato quello in cui la Butler cita Hannah Arendt, nel punto in cui ritiene delitto capitale, quello che a suo avviso meritava il capestro per Adolf Eichmann, l’aver voluto scegliere con chi coabitare la Terra. 
I nazisti non volevano abitare la Terra insieme con gli ebrei; gli omofobi non vogliono abitarla insieme con i gay; il sogno neppur tanto nascosto della destra israeliana è mandare i palestinesi a vivere in Giordania. 
Se non è etico né per la Arendt, né per la Butler scegliere con chi condividere la Terra, occorre un’etica prima ancora di una politica della convivenza. E la base di quest’etica è basare l’identità non sull’essenza, ma sulla relazione. 
Questo significa anche rendersi (selettivamente) permeabili agli influssi che vengono dalle altre persone, ed includerli nella propria identità nella misura del possibile e dell’opportuno. Per secoli gli ebrei si sono trovati a svolgere questo ruolo di interfaccia tra diverse culture, e la Butler vuole che questo continui. 
Ci sono degli omofobi che sembrano scimmiottare un’argomentazione della Butler, dacché rimproverano alle persone omosessuali di non essere aperte all’alterità, ed in particolare all’altro sesso. 
In realtà, partono da un punto di partenza diametralmente opposto: mentre per la Butler l’identità deve basarsi sulla relazione, per queste persone si deve basare sull’essenza.
Ovvero, per costoro ogni uomo e donna empirici valgono come incarnazioni del Maschile e del Femminile; codesti principi sono fatti per entrare in relazione l’uno con l’altro, ma solo all’interno della forma sociale della famiglia, e durante l’incontro sessuale; il contatto tra queste essenze non ne cambia la natura, non più di quanto un ricevimento in ambasciata cambi le posizioni che due ambasciatori esprimono a nome dei rispettivi governi. 
Il rapporto tra l’uomo e la donna empirici deve riecheggiare per queste persone il rapporto tra questi sommi principi – non è difficile ricordare a questo genere di omofobi che contro questa concezione della sessualità la Bibbia stessa mette in guardia, in quanto era quella che ispirava i culti della fertilità cananei contro i quali il Levitico lancia strali e proibizioni. 
Ed il Cantico dei Cantici, preso spesso a modello per sposi e spose ebrei e cristiani, narra le avventure di una coppia di amanti un po’ monelli prima che l’amor loro trionfi, non i preparativi del Gran Sacerdote di Marduk e della Gran Sacerdotessa di Ishtar per il sacro coito che garantirà un buon raccolto! (*) 
In realtà l’esperienza comune mostra che ogni persona ha componenti psichiche sia “maschili” che “femminili”, e che tali componenti entrano in azione in tutte le situazioni sociali e perfino quando una persona è sola – perciò l’omosessuale non è privo di relazione con ciò che la tradizione assegna al sesso opposto al suo. Il fenomeno delle “frociarole”, ovvero delle moltissime donne che preferiscono avere amici gay ad amici etero, è la riprova di come l’essere omosessuale non voglia dire essere chiuso all’altro sesso. 
Che le identità personali nascano dalla relazione con altre persone e non siano lo sviluppo di un’essenza non è necessario apprenderlo dalla Butler (che prende ad esempio gli ebrei nel brano citato, ma in tutta la sua opera parla di ognuno) – chiunque se ne rende conto esaminando la sua stessa vita, e chiedendosi perché mai si consiglia sempre a chi vuole imparare davvero di cercarsi un maestro e non mettersi a studiare da solo.
Non sapevo allora di essere autistico, ma ho sempre trovato difficile obbedire al precetto di Yehoshu'a ben Perachiah: "Procurati un maestro ..." (Massime dei Padri 1:6); è però fondamentale per svilupparsi come persona e non solo come biblioteca.

(*) C'è un errore in quello che ho scritto: lo "hieros gamos = nozze sante" (sono stato un po' brutale parlando di "sacro coito"), per chi ritiene si celebrasse davvero, perché non c'è più unanimità tra i dotti, era tra il re di Uruk, che impersonava il ruolo di Dumuzid, dio pastore noto anche come Tammuz (nella Bibbia - è anche il nome di un mese ebraico) od Adone (nell'antica Grecia), e la gran sacerdotessa di Inanna, nota anche come Ishtar (ed a cui corrispondono nella mitologia cananea Astarte, in quella greca Afrodite).

Presupporre un rapporto tra i gran sacerdoti di Marduk ed Ishtar alludeva (senza che me ne rendessi conto) ad un midrash ebraico secondo cui Mardocheo (il cui nome ebraico Mordekhai derivava probabilmente da quello del dio Marduk) ed Ester (il cui nome derivava forse da quello di Ishtar) erano non solo zio e nipote, ma anche marito e moglie (matrimonio consentito dall'halakhah, che invece vieta il matrimonio tra zia e nipote), cosa che metteva Mardocheo, Ester ed Assuero nella stessa situazione di Abramo, Sara ed Abimelec, oppure di Isacco, Rebecca, e sempre Abimelec. Storia interessante, ma non molto pertinente a questo discorso.

È stato notato invece che il Cantico dei Cantici sembra spesso ispirato ai poemi sumerici che cantano l'amore tra Dumuzid ed Inanna (con le femministe ebree che si riconoscono nella rivista "Lilith" che ne citano volentieri i versetti più spinti), quindi la contrapposizione che ho visto tra il Cantico ed i culti della fertilità non è così forte, e c'è inoltre una curiosità da notare.

Chi più premette perché il Cantico (insieme con il libro di Ester, guarda caso) fosse conservato nel canone ebraico fu rav 'Aqiva, di cui si narra che fosse un pastore di umili origini e pure analfabeta fino a 40 anni, finché la figlia del suo padrone Kalba Sabua, a cui fonti tarde danno il nome Rachele, non notò la sua mitezza di carattere e non si offrì di sposarlo a patto che studiasse la Torah.

Vi risparmio tutto quello che è accaduto poi e ne ha fatto una delle figure più fulgide dell'ebraismo - osservo solo che il matrimonio tra un pastore ed un'ereditiera è assai raro nella storia ebraica, e somiglia tremendamente a quello tra Dumuzid ed Inanna, e mi chiedo quanto di storico, o di leggendario fino al punto da diventare archetipico, ci sia in questo matrimonio. Del resto, molto di quello che si dice di rav 'Aqiva è chiaramente leggendario, e gli storici debbono lavorare con la sgorbia, non con la lima, per ritrovare il nucleo di verità di questi racconti.

Il matrimonio tra Maometto e Khadija somiglia un po' a quello di 'Aqiva con Rachele, in quanto Khadija era una ricca mercante che aveva assunto Maometto, che si era fatto un nome come carovaniere ed agente di commercio alle dipendenze dello zio Abu Talib (la tradizione islamica ha per lungo tempo sostenuto che Maometto fosse analfabeta, ed è stato già notato che questo lo rendeva simile ad 'Aqiva, ma i contemporanei hanno dimostrato il contrario). E fu Khadija a proporsi a lui come moglie, a volerlo per marito pur non avendo egli i mezzi per mantenerla (dovere primario del marito mussulmano), e la prima a credere in lui quando cominciò a ricevere le rivelazioni su cui si basa l'islam.

Prima ancora che ad 'Aqiva (l'esempio più chiaro) ed a Maometto, il motivo del pastore umano o divino che sposa la più potente delle dee o comunque la donna a cui deve la sussistenza diventando così un dio od un capo religioso di prima grandezza si applica a Mosé, che in Esodo 2 fugge dall'Egitto per non essere ucciso dagli sgherri del Faraone (un tiranno non ha poliziotti e soldati, ha solo sgherri e criminali di guerra), giunge a Midian, dove interviene in favore delle figlie di Reuel/Ietro, pastore e sacerdote, il quale dà a Mosé in moglie la figlia Sefora, e lo assume come pastore. La Bibbia non spiega quanti anni rimane Mosé al servizio di Ietro, ma la tradizione ebraica dice quaranta, numero simbolico che vale anche per 'Aqiva.

Nel caso di Davide il mito è molto offuscato. Se nel caso di Maometto uno può pensare che un carovaniere deve prendersi cura dei cammelli su cui viaggiano lui, i suoi uomini, le sue merci, e quindi è un caso particolare di pastore, a Davide ancora pastore viene promessa la mano della figlia di Saul se ucciderà Golia (1 Samuele 17), ma la promessa viene mantenuta solo dopo che non solo egli ha ucciso Golia, ma dopo che egli ha presentato a Saul i prepuzi di 200 filistei passati da lui personalmente a fil di spada (Saul si sarebbe accontentato di 100). Non sono le qualità pastorali di Davide a meritargli la mano di Mical, bensì il suo valore in battaglia - il pastore si è perso nel mito.

Il biblista Samuel Noah Kramer osserva che nel mito originale il pastore Dumuzid dovette vincere la concorrenza dell'agricoltore Enkimdu per avere la mano di Inanna, ed in un primo momento Inanna aveva preferito Enkimdu. Questo avrebbe ispirato il racconto biblico di Caino ed Abele - ma nell'originale sumerico Dumuzid, che alla fine ha la mano di Inanna, ha il buon senso di placare il rivale Enkimdu con uno scambio di doni, senza venirne ucciso per gelosia.


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