La pericope dell'adultera




Questo post nel blog nasce da una copia del post Facebook [0] (mi riservo ovviamente di modificarlo se del caso), a sua volta originato dalla lettura del PDF [1].

Ogni tanto trovo delle persone che citano la "pericope dell'adultera" (Giovanni 7:53-8:11; l'episodio dell'adultera è precisamente in Giovanni 8:3-11) come prova che Gesù volesse rompere con la legge mosaica.

Questo genere di marcionismo (per non dire antisemitismo, in quanto contrappone una legge mosaica "cattiva" a prescindere ad un "buon" evangelo cristiano) ignora Matteo 5:17-20:
17 Non pensate che io sia venuto per abolire la legge o i profeti; io sono venuto non per abolire ma per portare a compimento.

18 Poiché in verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, neppure un iota o un apice della legge passerà senza che tutto sia adempiuto.

19 Chi dunque avrà violato uno di questi minimi comandamenti e avrà così insegnato agli uomini, sarà chiamato minimo nel regno dei cieli; ma chi li avrà messi in pratica e insegnati sarà chiamato grande nel regno dei cieli.

20 Poiché io vi dico che se la vostra giustizia non supera quella degli scribi e dei farisei, non entrerete affatto nel regno dei cieli.
ed è cattiva teologia cristiana, non solo protestante e riformata: la Legge è in funzione dell'Evangelo, ed anche dopo la proclamazione di quest'ultimo si continua ad usarla - pur ritenendo (i cristiani) superflue le parti "cerimoniali".

Vi linko l'articolo [0] che mostra non solo che la pericope è una tarda aggiunta al Vangelo secondo Giovanni (e quindi esigerebbe prudenza anche pastorale), ma anche che, a considerarla una cosa che a Gesù è successa davvero (così la pensa la maggior parte degli interpreti, anche quelli che la considerano testualmente dubbia), Gesù non ha fatto nulla che non avrebbe fatto Mosè.

Gli presentano una donna colta nell'atto dell'adulterio: ed il drudo che fine ha fatto?

Intanto, dove sarebbe accaduto il fattaccio? Fuori città, in un luogo deserto? No, perché la donna, per salvarsi la pelle [Deuteronomio 22:27] avrebbe detto: "Questi non è il mio amante, ma il mio stupratore" - ed il drudo avrebbe faticato parecchio a dimostrare il contrario. 

Quindi, a dar retta agli accusatori, doveva essere accaduto in città, dentro una casa. E quante persone avrebbero sorpreso gli amanti lì dentro? Almeno due uomini adulti [Deuteronomio 17:6], altrimenti per una condanna capitale la testimonianza non avrebbe avuto valore. 

Ed in che posizione avrebbero trovato il drudo? Secondo due rabbini citati dal Talmud [2], Abaye e Rava, bisognava vedere il pene entrare nella vagina come uno spazzolino dentro un tubetto, altrimenti, niente lapidazione. 

Quindi, a dar retta agli accusatori, il drudo si è fatto beccare proprio sul più bello (per riprendere una scena del genere in un film porno occorre disporre gli attori, il letto e la macchina da presa in modo molto arzigogolato, e poco piacevole per i protagonisti - per questo i due rabbini pretendevano questo requisito, quasi impossibile da soddisfare nella vita reale), è riuscito ad uscire fulmineamente da lei (non è sempre facile), a non farsi afferrare dai due testimoni che bloccavano le uscite di casa, ed a scappare come un cavallo al galoppo (e probabilmente anche nudo come un verme) senza che nessuno lo riconoscesse, inseguisse ed arrestasse. Poco o punto credibile.

Inoltre, quali testimoni c'erano contro di lei? Quando Gesù dice (Giovanni 8:7) «Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei», non fa che riassumere:
  • Esodo 23:1-3:
1 Non spargere voci calunniose e non favorire l'empio attestando il falso.

2 Non andare dietro alla folla per fare il male e non deporre in giudizio schierandoti dalla parte della maggioranza per pervertire la giustizia.

3 Così pure non favorire il povero nel suo processo.
  • Esodo 23:6-8:
6 Non violare il diritto del povero nel suo processo.

7 Rifuggi da ogni parola bugiarda; e non far morire l'innocente e il giusto; perché io non assolverò il malvagio.

8 Non accettare nessun regalo; perché il regalo acceca quelli che ci vedono, e corrompe le parole dei giusti.
  • Deuteronomio 17:6-7:
6 Il condannato sarà messo a morte in base alla deposizione di due o di tre testimoni; non sarà messo a morte in base alla deposizione di un solo testimone.

7 La mano dei testimoni sarà la prima a levarsi contro di lui per farlo morire, poi la mano di tutto il popolo; così toglierai via il male di mezzo a te.
A quel punto, dopo il richiamo di Gesù, la folla si è resa conto:
  1. di essersi assembrata lì per una diceria;
  2. che nessuno poteva dire di aver visto lui entrare in lei;
  3. che quindi nessuno poteva avere il coraggio di scagliare la famosa prima pietra.
Chi lo avesse fatto avrebbe iniziato un linciaggio, non un'esecuzione - e tutti hanno capito che era meglio cambiare aria, per non diventare essi stessi da lapidare come falsi testimoni.

Ed il peccato della donna qual era? Non lo sappiamo; Gesù potrebbe aver ricordato a lei come ad altri che tutti siamo peccatori; oppure (ipotesi più specifica), quella donna poteva essere una moglie che ogni tanto integrava il reddito familiare col "sex work".

Il "sex work" di una donna nubile o vedova è riprovato dalla legge religiosa ebraica, ma punito al massimo con 39 frustate, in quanto contrario alla morale e potenzialmente distruttivo dell'ordine sociale, ma non è esplicitamente proibito dalla Bibbia.

Infatti Deuteronomio 23:17 o 23:18 (dipende dalle edizioni) non vieta la prostituzione generica per denaro (avrebbe infatti usato il termine "zonah" per indicare la "sex worker"), ma la prostituzione sacra nel quadro di un culto idolatrico (il termine "qedeshah" usato in quel brano indica infatti quel tipo di sacerdotessa - esistevano anche i sacerdoti che facevano questo, ed erano chiamati "qaddesh").

Invece il "sex work" di una donna fidanzata o coniugata è tecnicamente adulterio; però non basta la notorietà della sua attività, la si deve cogliere sul fatto per lapidare lei e lui.

Tra l'altro, i rabbini ortodossi non si mettono certo a dichiarare abrogata la pena di morte che si trova nella Bibbia, ma gli ripugna così tanto applicarla che, quando ricoprono il ruolo di "dayan = giudice", controinterrogano ferocemente i testimoni proprio per trovare l'appiglio per non emettere tale condanna.

Secondo la Mishnah (Makkot 1 [2]), rav Yossi disse che un Sinedrio che avesse eseguito una condanna capitale ogni sette anni lo si sarebbe dovuto considerare "devastante"; rav Elazar Ben Azariah rincarò dicendo che anche uno che ne avesse emessa una ogni settant'anni lo era; rav Tarfon e rav 'Aqiva dissero che con loro nel Sinedrio non sarebbero state mai emesse condanne a morte, incontrando però la censura di rav Shim'eon Ben Gamaliel, che temeva un aumento della criminalità.

Gesù non dissentiva da questi rabbini (venuti dopo di lui), e con l'"adultera" si è trovato un caso facile, non ebbe bisogno di far cadere i testimoni in contraddizione, ma solo di appellarsi alla Legge che anche loro ben conoscevano.

Raffaele Yona Ladu
Ebre* umanista gendervague
Soci* di Autistic Self Advocacy Network

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