Gesù Rabbi adultero?
Trovandomi a Bosa, mi è capitato di leggere il messaggio per la Quaresima e la Pasqua 2021 del vescovo cattolico della città Mauro Maria Morfino, il quale si ispira alla "pericope dell'adultera" (Giovanni 8:1-11) per dire che:
In verità, nel contesto attuale del testo, per scribi e farisei, il vero adultero della Legge è proprio Gesù. La sua interpretazione della Legge mosaica, alla luce della misericordia del Padre, lo rende, ai loro occhi, un pericoloso traditore e sovvertitore. La sua interpretazione è adulterina!
Ho già argomentato qui che il caso della donna era molto sospetto: a morte si sarebbe dovuto mettere anche il drudo - e perché non era insieme con la donna? Per lapidare entrambi occorreva che due testimoni li cogliessero sul fatto, e la donna non potesse dichiarare di essere stata vittima di stupro anziché adultera consenziente.
Questo significava che loro due dovevano averlo fatto in un centro abitato, in cui il non gridare per chiedere aiuto era considerato pieno consenso. Escludendo che lo avessero fatto all'aperto, i due testimoni dovevano averli visti dentro una casa - ed avete visto la casa ritenuta di Pietro a Cafarnao e quella ritenuta di Maria a Nazaret?
In quattro (i due rei ed i due testimoni) dentro non ci si sta - e non si capisce come potessero i testimoni arrestare la donna e lasciarsi sfuggire l'uomo da una casa come quelle.
L'appello di Gesù: «Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei» non richiama solo i testimoni al loro compito di iniziare il supplizio, ma anche al loro dovere di testimoniare correttamente.
Se nessuno ha iniziato il supplizio, voleva dire che nessuno aveva davvero visto lei commettere adulterio. Come si è comportato Gesù si sarebbe comportato Mosè, e la sua interpretazione della Legge non era per nulla eterodossa.
Il paragrafo che però mi è piaciuto meno del testo è questo:
Per scribi e farisei, se qualcuno trasgredisce la Legge, l’unica soluzione lecita resta l’eliminazione del trasgressore. Solo così ci sarà emendamento e redenzione. Solo così è ristabilita la giustizia e la verità. Peccato e peccatore, perciò, coincidono. Non estirpare il peccatore di mezzo al popolo significherebbe lasciare impunito il peccato, permettendogli altra contaminazione.
(...)
“Chiamato a scegliere tra la Legge e la misericordia, Gesù sceglie la misericordia senza mettersi contro la Legge, perché sa distinguere il peccato dal peccatore. La Legge è essenziale quale istanza in grado di rivelare il peccato; ma una volta infranta la Legge, di fronte al peccatore concreto deve regnare la misericordia! Nessuna condanna, solo misericordia: qui sta la grandezza e l’unicità di Gesù. Infatti, ogni volta che Gesù ha incontrato un peccatore lo ha assolto dai suoi peccati e non ha mai praticato una giustizia punitiva; ha esortato con forza, ha pronunciato i «Guai!» in vista del giudizio (cf Mt 23,13-32; Lc 6,24-26), ma non ha mai castigato nessuno: egli infatti sapeva distinguere tra la condanna del peccato e la misericordia verso il peccatore, distinzione che a noi riesce così difficile” (E. Bianchi).
La risposta qui la dà un collega di Morfino, il vescovo Juan Ignacio Arrieta Ochoa de Chinchetru, Segretario del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, qui intervistato per presentare il Codice Penale Vaticano:
Penso che un concreto apporto del Diritto della Chiesa al diritto penale dello Stato Vaticano venga data dalla triplice finalità che la legge canonica assegna alla disciplina penale: ristabilire la giustizia che è stata lesa, riparare lo scandalo che si è causato e ottenere l’emenda del reo. In queste tre finalità è sempre la persona ad essere al centro. Fare rispettare la legislazione penale ha come scopo ristabilire l’ordine della giustizia, ma non in senso puramente teorico o solo per proteggere l’ordine sociale astratto, ma principalmente – nei reati contro le persone – come riparazione del danno causato e assistenza alle vittime, dando un segnale – doveroso per chi deve governare – a quanti compongono la comunità che ne ha subito scandalo. Infine, nel contesto in cui ci muoviamo, ristabilire l’ordine della giustizia include necessariamente impegnarsi nella correzione del reo: perciò le pene imposte devono includere sempre una dimensione educativa e di recupero.
Come potete vedere, anche uno stato che vuol realizzare il messaggio cristiano ha un codice penale, il quale punisce chi si comporta in modo ingiusto. Va detto che, secondo la medesima intervista, il sistema penale vaticano è nato nel 1929 recependo il codice penale allora vigente nel Regno d'Italia, il Codice Zanardelli promulgato nel 1889.
Tale codice è stato ripetutamente modificato, e non ne conosco il testo vaticano attuale; so però che nella versione originale italiana esso puniva la moglie adultera ed il suo correo (cioè amante) con la reclusione da tre a trenta mesi (Artt. 353-358) - questo non ha impedito di recepirlo, il che fa pensare che considerare l'adulterio un reato non fosse palesemente anticristiano.
Certo, non puniva l'adulterio con la morte, e solo a querela di parte, ma perché nella società italiana del 1889 l'adulterio era ritenuto assai meno dannoso che nell'antico Israele - e non solo per motivi teologici, ma anche pratici: il patriarcato esige la certezza della paternità e quindi la fedeltà coniugale.
E se il Codice Zanardelli italiano non prevedeva la pena capitale, la sua versione vaticana la prevedeva invece fino al 1969 per l'attentato alla vita del Romano Pontefice. Quindi, nemmeno ritenere un reato tanto grave da non permettere al reo di redimersi in questa vita era considerato anticristiano.
Il codice penale vaticano non prevede più né la pena capitale né l'ergastolo, e la legge religiosa ebraica, pur conservando nei propri testi la pena capitale, l'ha resa praticamente inapplicabile.
E non è vero che la legge religiosa ebraica prescriva per ogni colpa l'eliminazione del colpevole: per molte colpe non c'è la pena capitale, ed è vietato rinfacciare a chi ha fatto teshuvah, ovvero ha ammesso le proprie colpe, ha riparato ad esse e se ne è pentito, il suo passato - anche la legge religiosa ebraica tende a redimere il reo.
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