Testimonianza su Kyiv dell’11 e 12 luglio 2024

Ciao. Sono Raffaele Ladu, kumité dal 2022, e vorrei brevemente raccontarvi un’esperienza che ho avuto a Kyiv, capitale dell’Ucraina, nei giorni 11 e 12 luglio 2024.

La guerra della Russia contro l’Ucraina mi ha coinvolto emotivamente molto, desideravo recarmi in quel paese, e quando ho scoperto che il Movimento Europeo di Azione Nonviolenta aveva organizzato una missione di sostegno e preghiera interreligiosa a Kyiv per i giorni 11 e 12 luglio 2024, ho voluto approfittarne.

A me si è aggiunta la mia amica Marina Sorina, una donna ebrea eccezionale che vive a Verona ed è originaria di Kharkiv, sempre in Ucraina. Non è una kumité, ma mi ha aiutato molto.

Il programma prevedeva che ognuno arrivasse con i propri mezzi all’aeroporto di Cracovia, in Polonia, la mattina del 10. Ci avrebbero quindi portato in autobus a Premyśl, alla frontiera ucraina, dove avremmo preso un treno per arrivare il mattino dell’11 a Kyiv.

A me piace guidare, e con Marina siamo andati in auto – quasi 1200 km di guida. Quello che ho notato è che sia la Polonia che l’Ucraina hanno una storia molto difficile alle spalle, ma la Polonia riesce comunque ad essere un paese allegro, mentre gli ucraini, condizionati anche dalla guerra in corso, ne sono ancora traumatizzati.

Questo trauma lo ha descritto con un aneddoto il Nunzio apostolico Monsignor Visvaldas Kulbokas: c’è mancato poco che un reduce di guerra ucraino uccidesse il padre. Era un carrista, e quando il suo carro armato fu distrutto dai russi fu tanto scosso che fu congedato subito e trascorse oltre quattro mesi nella cantina di casa sua.

Ma un giorno il padre pensò bene di cucinare della carne nel barbecue, e mal gliene incolse: il ragazzo non associò la carne alla griglia ad un lauto pasto, ma a quello che era successo ai suoi compagni dentro il carro armato, abbruciati dalla bomba russa. Balzò fuori e quasi uccise il padre per impedirgli di compiere quello che gli sembrava un eccidio.

Se accade ad una o poche persone, lo psichiatra dice che si è trattato di un flashback tipico del PTSD (Disturbo da Stress Post-Traumatico), se accade ad un’intera nazione lo storico deve parlare di una sciagura nazionale ed una tragedia generazionale.

Non ho perciò trasmesso la luce a Cracovia, mentre l’ho fatto a Kyiv. Ho cominciato dall’albergo, un palazzone di epoca staliniana chiamato Hotel Ukraine che si affaccia su Piazza Indipendenza [Maidan Nezaležnosti], nota impropriamente come “Piazza Maidan” (“maidan” in ucraino vuol dire “piazza”, e quindi dire “Piazza Maidan” non ha molto senso), dove iniziò nel febbraio 2014 la rivolta detta “Euromaidan” che ha fatto nascere l’Ucraina moderna.

In quella rivolta 107 giovanotti (tra cui diverse donne) furono uccisi dai cecchini (russi) che dovevano invece difendere l’ordine costituito, e lungo la via [Heroyiv Nebesnoyi Sotni Alley = Viale degli Eroi della Centuria Celeste] che va verso i palazzi del governo di allora e di oggi, e passa accanto all’albergo, sono stati costruiti dei monumenti a quei ragazzi.

Ho trasmesso la luce al monumento con le foto, i nomi, le date e perfino i QR Code con le biografie di quei ragazzi, e sono salito verso la via dei palazzi del governo [Vulica Instytutka = Via dell’Istituto], per vedere se da lì avevano sparato loro. Mi è stato detto di no, però l’idea di trasmettere la luce a quei palazzi mi intrigava, ad onta di una seria difficoltà: la via è chiusa da un posto di blocco che passa solo chi ha un’autorizzazione speciale, ed un cartello che dovrebbe essere chiaro anche a chi non conosce la lingua vieta di filmare e fotografare.

Molti sanno che non riesco a ricordare bene l’Amatsu Norigoto, e di solito la leggo sullo schermo del cellulare – ma tirarlo fuori per leggerla significava puntare le fotocamere dell’apparecchio verso i soldati, e come avrei spiegato loro che non stavo facendo niente di male?

Per fortuna mi ero fatto dare dalla comunità di Vicenza un biglietto stampato e plastificato che ci sta nel borsello, ed i soldati non si sono insospettiti vedendomi leggere il biglietto che tenevo nella mano sinistra, e puntare il palmo della destra contro l’asse di Via dell’Istituto, confidando che il Dio Su avrebbe distribuito la luce ai palazzi, alle istituzioni ed alle persone che ne avevano più bisogno.

Sono rimasto solo cinque minuti facendo questo perché dovevo unirmi agli altri per un giro turistico, anzi, un giretto di Kyiv.

Davanti all’albergo c’è un giardino dedicato ai caduti di questa guerra – con una bandiera per ogni caduto; ovviamente la maggior parte erano bandiere ucraine, ma c’erano anche bandiere straniere. Anche qui ho provato a trasmettere, e dopo mi è toccato farlo … dentro la metropolitana!

Infatti ci dovevamo incontrare con una delegazione di scout ucraini, e mentre li aspettavamo è suonato l’allarme antiaereo. Lunedì 8 luglio c’era stato un massiccio attacco russo che, secondo i calcoli degli ormai scafati abitanti di Kyiv, aveva momentaneamente vuotato gli arsenali, e quindi il rischio che l’aereo russo individuato facesse di più che spaventarci era molto basso, ma visto che Piazza Indipendenza ha la sua stazione della metro, e che binari e pensiline sono a grande profondità per essere usati anche come rifugi antiatomici, siamo scesi giù.

Ho trasmesso durante l’allarme, e pure dopo, durante l’incontro con la delegazione scout, che è avvenuto nel vestibolo della stazione, poco profondo perché funge anche da sottopassaggio di Via Khreščatyk [Vulica Khreščatyk], la via principale della città.

Abbiamo dovuto spiegare ai poliziotti insospettiti dall’assembramento che cosa stavamo facendo – non sapevano ovviamente che non trasmettevo solo nelle quattro direzioni della stazione, ma anche verso la cagnetta trovatella della responsabile delle finanze degli scout. Cagnetta affettuosa, ma con la tendenza a mordicchiare – spero che quel po’ di luce che le ho trasmesso contribuisca ad emendarla.

Dopo quest’incontro siamo andati in Piazza Santa Sofia [Sofijska Plošča], dove sorge la cattedrale ortodossa della città, che è il luogo in cui è stata fondata Kyiv. Non sono però riuscito a trasmettere dentro la chiesa, perché avevo paura di fare tardi e non poter partecipare alla preghiera interreligiosa in piazza.

Ho comunque trasmesso in piazza nelle quattro direzioni durante la preghiera, a cui hanno partecipato il nunzio apostolico, dei vescovi ortodossi, dei pastori protestanti e dei dignitari musulmani. La mia amica Marina Sorina ha letto una preghiera del rabbino Nachman di Bratzlav (in Ucraina), una persona importante nella storia dell’ebraismo, ma è noto soprattutto per aver detto che il più grande comandamento è essere sempre felici – avrebbe probabilmente apprezzato la nostra insistenza sul sorriso.

Il giorno dopo ci siamo riuniti in un palazzo vicino all’Hotel Ukraine chiamato comunemente Palazzo di Ottobre [Žovtneviy Palac], e che ora ospita il Centro Internazionale di Arte e Cultura, ma che fu fondato alla fine dell’800 come ginnasio femminile e … durante il regime staliniano era la sede locale dell’NKVD, la polizia segreta, e molti oppositori del regime furono imprigionati e pure fucilati nei suoi sotterranei.

Che si fa? Si trasmette, si porta luce, mentre in quella che fu la cappella noi discutevamo con i protagonisti della preghiera del giorno prima su come giungere alla pace ed all’amicizia tra le religioni.

Uno di loro, il vescovo ortodosso ucraino Efrem (il cognome non ce lo ha detto) disse che era una fortuna che l’Ucraina fosse ora un paese libero difeso dalle “spade” occidentali, altrimenti una conversazione come la nostra non si sarebbe potuta fare. Non gli ho risposto subito per non apparire impertinente, ma alla mia amica Marina, che faceva da interprete, ho detto poi: “Non è vero che non ci sarebbe stata la conversazione – solo che l’avremmo tenuta nei sotterranei in attesa della fucilazione!”

Il passato in Ucraina non passa proprio, ed i miei ricordi non li narro in ordine cronologico. Il giorno dell’arrivo, l’11, siamo stati portati al famoso ospedale pediatrico Ohmatdyt, che i russi hanno bombardato l’8 luglio. Un missile ha colpito una sala operatoria in funzione, costringendo i medici a riparare i pazienti dalle schegge con i loro corpi, ed un altro il reparto di emodialisi – come si può pensare di staccare dal rene artificiale un bambino per portarlo al riparo!?

Queste cose sono crimini di guerra, ed è un miracolo che tra i piccoli pazienti nessuno sia morto in conseguenza dell’attacco. Anche qui ho cercato di purificare le quattro direzioni, mentre il direttore sanitario dell’ospedale ci illustrava l’accaduto, e la mia amica Marina ricordava che quell’ospedale pediatrico non era solo il più grande dell’Ucraina e forse d’Europa, ma ha anche mandato molti bambini a curarsi all’ospedale di Borgo Trento a Verona.

Vi ho parlato di un giro turistico; in quel giro abbiamo visto diversi luoghi storici di Kyiv, tra cui la chiesa di Sant’Alessandro, la cattedrale cattolica della città, divenuta infermeria durante l’Euromaidan, e la chiesa ed il monastero di San Michele, ed anche lì si erano nascosti i protagonisti di Euromaidan.

Tra i cristiani San Michele è un arcangelo focoso e militante, e lungo il muro del convento la gente ha apposto le foto dei loro cari caduti a partire dal 2014, e poco distante si vede una mostra di mezzi militari presi ai russi.

Trasmettere qui era de rigueur non solo per gli ucraini caduti in battaglia, ma anche per i russi che combattevano su quei mezzi – si vedeva benissimo che non erano stati trovati in divieto di sosta e portati via col carro attrezzi, ma bombardati e bruciati sul campo di battaglia, probabilmente arrostendone l’equipaggio.

Abbiamo visitato anche un non-luogo: Via dei Tre Santi. E dov’erano quei santi? In una delle 350 chiese distrutte dal regime comunista nella sola Kyiv – altri luoghi di culto sono sopravvissuti come musei dell’ateismo. La chiesa non è più stata ricostruita ed al suo posto c’è un parco pubblico.

Ammetto di aver trasmesso la luce su un paio di palazzi che non mi piacevano proprio, nella speranza che il Dio Su trovasse il modo di farli crollare senza vittime. E se non vuole pazienza.

In due luoghi rimpiango di non aver potuto trasmettere: la chiesa di Santa Sofia, in cui nacque Kyiv, ed il memoriale di Babyn Jar, sul luogo in cui furono fucilate dai nazisti almeno centomila persone, in massima parte ebree.

Ci furono molti eccidi come questo nel 1941 nella parte che i nazisti avevano invaso dell’Unione Sovietica, ma erano così psicologicamente devastanti anche per chi sparava che i nazisti passarono poi ai furgoni ed alle camere a gas.

Spero di poter rimediare presto a questa mancanza; invece trasmettere nella zona di esclusione della centrale di Čornobyl è tuttora impossibile – c’è ancora troppa radioattività.

Si può fondare Mahikari in Ucraina? Penso di sì – la principale limitazione alle religioni praticate nel paese è che non devono avere il loro organo supremo in un paese che ha aggredito l’Ucraina. Questa legge colpisce la chiesa ortodossa russa (che ha dichiarato la guerra contro l’Ucraina una guerra santa, attirandosi le critiche delle altre chiese cristiane), ma non Mahikari, visto che il Giappone è amico dell’Ucraina.

Una cosa curiosa che ho fatto e che non so se è ammessa è stata provare a trasmettere alla statua dell’Ucraina in cima alla colonna di fronte all’Hotel Ukraine. Trasmettere ad una statua non avrebbe normalmente senso, ma quella statua viene trattata come l’ipostasi dello stato ucraino, e magari trasmettendole (certo non il punto 8!) la luce viene poi dirottata verso chi in quello stato ne ha bisogno.

Ho cambiato qualcosa? Il 15 luglio Zelenskyy, il presidente dell’Ucraina, ha detto che al prossimo vertice per la pace in Ucraina inviterà anche la Russia, cosa che non era mai stata detta prima. Non so se l’invito avrà seguito, ma è un’evoluzione della posizione ucraina e mi chiedo se la mia luce non abbia dato il suo contributo.


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