Il discorso dello scalco alle Nozze di Cana


Nel mio articolo Osservazioni sulle Nozze di Cana ho proposto un’esegesi originale delle Nozze di Cana, e vi invito a leggerlo, ma ho trascurato le parole che pronuncia il maestro di tavola (detto “scalco” nel commento riportato dal sito LaParola.Net),  qui riportate nella versione Nuova Riveduta [tutte le traduzioni bibliche, salvo diversa specificazione, sono tratte da quella versione]:

«Ognuno serve prima il vino buono; e quando si è bevuto abbondantemente, il meno buono; tu, invece, hai tenuto il vino buono fino ad ora». [Giovanni 2:10]

Non mi è mai capitato in nessun matrimonio, ebraico o cristiano, (men che mai nel mio) di vedere ricorrere a questo trucco, tanto più che una famiglia che vi ricorresse davvero perché povera finirebbe probabilmente con il servire vino appena passabile all’inizio dei festeggiamenti, e pericolosi intrugli poi, che hanno reso famosa l’Italia non meno dei vini DOCG.

Non val la pena mettere a repentaglio la salute degli invitati per risparmiare pochi euro! Come diceva mia madre buonanima, i debiti si pagano, la vergogna no.

C’è invece una situazione ebraica in cui praticamente non si può fare a meno di comportarsi così, ma non riguarda né il vino né il matrimonio – riguarda invece il pane azzimo da consumarsi nella festa di Pasqua.

Come ricorda quest’articolo, ci sono diversi tipi di “matzah = pane azzimo”, non tutti meritano la certificazione “Kasher le-Pesach = Adatto alla Pasqua”, e quelli che interessano quest’articolo sono la “Matzah Shemurah = Azzima sorvegliata” e “Matzah/Azzima comune”.

La Matzah Shemurah è fatta con grano che fin dal momento del raccolto viene attentamente sorvegliato perché non venga in contatto con il calore, altri cereali, e l’umidità, che potrebbero innescare la fermentazione; dal momento in cui, per preparare l’impasto, la farina di quel grano viene messa in contatto con l’acqua al momento in cui le azzime vengono messe in forno non devono passare più di 18 minuti. Tra un’infornata e l’altra tutti gli strumenti debbono essere accuratamente puliti per evitare che un rimasuglio di impasto vecchio, passibile di fermentazione perché non infornato, contamini il nuovo impasto. Ed i più rigorosi esigono che tutto sia fatto a mano da ebrei osservanti, in quanto per preparare la Matzah Shemurah non basta l’abilità tecnica, occorre un’intenzionalità (“Voglio preparare la Matzah Shemurah!”) che non viene riconosciuta alle macchine per la panificazione.

Per preparare la matzah comune, è sufficiente sorvegliare il grano dal momento della macinazione (ovviamente, non si macinano i chicchi germogliati o comunque alterati), ed anche se occorre rispettare il limite dei 18 minuti tra l’inizio dell’impasto e la messa in forno, è consentito ricorrere alle macchine, che in ogni ciclo di 18 minuti impastano ed infornano molte più matzot = azzime” di un fornaio umano ed ebreo.

Questo significa che la Matzah Shemurah costa un occhio della testa, e viene usata soltanto quando non si può farne a meno, cioè nel “Seder Pesach = Pasto rituale di Pasqua”; invece nei pasti successivi di una festa che dura 7/8 giorni (7 in Israele, 8 nella Diaspora) si usa la matzah comune, che costa assai meno, non è meno saporita o meno sana dell’altra e, se è bollata Kasher le-Pesach, garantisce il rispetto del precetto di non mangiare “chametz = cereali lievitati” in quel periodo.

Per dare un esempio concreto, ho provato a cercare i prezzi della Matzah Shemurah e della matzah comune (sempre Kasher le-Pesach), ordinabili online, e la Matzah Shemurah meno costosa che ho trovato qui, prodotta in Israele, costa 24,00 USD alla libbra – ovvero (se 1 kg = 2,20462 lb, ed 1 EUR = 1,11 USD) 46,67 EUR al chilo.

Invece la matzah comune, Kasher le-Pesach, qui viene venduta a 5,90 EUR al chilo – la differenza è enorme, ed una famiglia ebraica media, numerosa ed appena benestante, non potrebbe mangiare Matzah Shemurah per sette/otto giorni di fila senza andare in rovina.

Penso perciò che il maestro di tavola parlasse del vino ma alludesse invece al pane, e ci sono delle somiglianze tra il vino ed il pane che permettono a mio avviso di parlare intercambiabilmente di entrambi, quasi fossero (per usare il linguaggio dei chimici), due polimorfismi della medesima sostanza:

  • Il grano e la vite, secondo bBerakhot 40a, sono due dei candidati (il terzo è il fico) al ruolo di Albero della Conoscenza del Bene e del Male da cui Adamo non avrebbe dovuto mangiare;
  • Un ebreo osservante mangia e beve solo il pane ed il vino preparati da un ebreo osservante, o sotto la sua supervisione;
  • In segno di ospitalità Melchisedec offre pane e vino ad Abramo – tutti e due, non uno soltanto [Genesi 14:18];
  • Il grano deve essere macinato per diventare pane, l’uva dev’essere pigiata per diventare vino;
  • L’acqua è essenziale per la panificazione, ma il bere vino puro era disapprovato nell’Israele biblico e postbiblico come lo era nell’antica Grecia, e di solito lo si diluiva con almeno 1/3 di acqua al momento di berlo;
  • Nella versione non pasquale, il pane è un cibo lievitato, il vino una bevanda fermentata – e lo stesso lievito (fatte salve le diverse varietà), il Saccharomyces cerevisiae, viene usato nella preparazione di entrambi;
  • Il Qiddush (da cui probabilmente deriva l’Eucarestia cristiana) si può celebrare sia sul pane che sul vino – o su entrambi; se lo si fa su entrambi, l'uso attuale è che si copra il pane, si benedica il vino, si scopra il pane e poi si benedica anch'esso - a Cana prima si parla del vino e poi si allude al pane.
Il maestro di tavola poteva quindi parlare del vino alludendo al pane; ma cos’era il “vino buono”, anzi, della miglior qualità, che era stato tenuto in serbo fino a quel momento?

Secondo me la risposta la dà l’intero capitolo di Esodo 16: gli israeliti avevano finito il cibo che avevano portato con sé dall’Egitto (il Targum Pseudo-Jonathan precisa che si trattava delle matzot che avevano cotto la notte dell’Esodo), ed in risposta alle loro lamentazioni Dio diede loro la manna.

La manna non è un alimento completo (Dio diede agli israeliti anche le quaglie), ma è sicuramente di qualità superiore al pane azzimo, che era comunque terminato.

Il dono della manna, secondo Esodo 16, avvenne la notte dopo il 15 Iyyar [il secondo mese], ma il 14 Iyyar cade la festa di Pesach Sheni = Seconda Pasqua, istituita in Numeri 9:6-14.

Essa dovrebbe essere un succedaneo della Pasqua per chi non è stato in grado di celebrarla a tempo debito; la Scrittura giustifica solo l’impurità rituale e la distanza geografica, ma i rabbini aggiungeranno come giusta causa anche il sentirsi spiritualmente lontani da Dio il giorno di Pasqua – e questa festa diventa quindi una festa della “Teshuvah = Ravvedimento. Inoltre, i requisiti per parteciparvi sono assai meno stringenti che per partecipare alla Pasqua vera e propria, e perciò, agli occhi di alcuni rabbini contemporanei, essa diviene una festa dell’inclusività.

Il fatto che il dono della manna sia stato annunciato il 15 Iyyar, mentre Pesach Sheni si era celebrata il 14, probabilmente mangiando le ultime azzime rimaste, ha fatto dire a molti rabbini (come qui) che Pesach Sheni chiude il periodo aperto da Pesach Rishon = Prima Pasqua; in questo periodo gli israeliti mangiarono le matzot = azzime che avevano cotto essi stessi, ma dopo dovettero affidarsi completamente a Dio per il loro sostentamento nel deserto – da un’economia delle opere ad una della grazia, direbbe un teologo cristiano.

Il maestro di tavola con le sue parole involontariamente annuncia che Gesù ha concluso con le Nozze di Cana il periodo delle azzime per inaugurare quello della manna, quasi fossero una Pesach Sheni, occasione di riaffiliarsi al Popolo Eletto.

Sebbene sia vietato sposarsi tra Pesach/Pasqua e Shavu'ot/Pentecoste (con l'eccezione di Lag Ba-'Omer, festa istituita dopo Gesù), il paragone delle Nozze con la Pasqua è lecito ma indiretto, ed avviene attraverso il Sabato, memoriale dell’Opera della Creazione, e ricordo dell’Uscita dall’Egitto.

Una cosa che hanno comunque in comune Pesach Sheni, il dono della manna, e le Nozze di Cana è che tutte queste cose nascono per “iniziativa popolare”:

  • Pesach Sheni è l’unica festa biblica che nasce per risolvere un problema posto dal Kelal Yisarel = Tutto Israele;
  • il 15 Iyyar Dio non si comporta come le iperpremurose mamme delle barzellette ebraiche: aspetta che siano gli israeliti a dire (anche in malo modo) che hanno fame, per poi saziarli a tempo opportuno;
  • alle Nozze di Cana è Maria a farsi portavoce delle ansie di tutti ed a chiedere a Gesù di intervenire - ed anche lui lo farà a tempo debito.
Mi sono chiesto se le parole del maestro siano state aggiunte a posteriori, e questa è una domanda per gli esegeti; in ogni caso hanno questo importante ruolo nel racconto: senza di esse il racconto potrebbe basarsi su una cristologia “bassa” (ovvero Gesù era uno “tzadiq = giusto” che, grazie alla sua vicinanza con Dio, poteva compiere dei miracoli e trasformare gesti quotidiani in cerimonie simil-cabalistiche con effetti teurgici e risonanze cosmiche).

Però, come fa notare Gesù stesso in Giovanni 6:32:
(…) «In verità, in verità vi dico che non Mosè vi ha dato il pane che viene dal cielo, ma il Padre mio vi dà il vero pane che viene dal cielo. (...)

Se l'umano Noè poté inventare il vino, chi dà la manna non può essere un essere umano, ed il racconto delle Nozze di Cana deve basarsi perciò su una cristologia “alta” – Gesù è Dio.

Raffaele Yona Ladu

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