Commento a Giovanni 5:1-16
Innanzitutto ringrazio la pastora Laura Testa, che
mi ha prestato i seguenti due commenti al Vangelo secondo Giovanni:
·
Giovanni : Commento al Vangelo spirituale / Raymond
E. Brown. - Assisi : Cittadella editrice, 1979 [01];
·
Il Vangelo Secondo Giovanni : Volume 1: 1,1 - 12,50
/ Jean Zumstein, - Torino : Claudiana, 2017 [02].
Ho fatto ricorso anche al commento che si trova qui:
·
La Bibbia. Nuovissima versione dai testi originali
: III Nuovo Testamento : Vangeli – Atti degli Apostoli – Lettere – Apocalisse.
– Cinisello Balsamo : Edizioni Paoline, 1991 [03]
Le traduzioni bibliche che io cito, qualora non diversamente indicato,
sono della Nuova Riveduta e tratte dal sito http://www.laparola.net/ ; offro
però ogni volta un link che consenta di leggere in modo sinottico tutte le
versioni italiane citate nel sito.
Vi renderete conto però che ho comunque proceduto in modo assai
autonomo, mettendomi spesso “controcorrente”
Comincio con il riportare il brano evangelico che commento – Giovanni
5:1-16 [04]:
01 Dopo queste
cose ci fu una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme.
02 Or a
Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, c'è una vasca, chiamata in ebraico
Betesda, che ha cinque portici.
03 Sotto questi
portici giaceva un gran numero d'infermi, di ciechi, di zoppi, di paralitici[,
i quali aspettavano l'agitarsi dell'acqua;
04 perché un
angelo scendeva nella vasca e metteva l'acqua in movimento; e il primo che vi
scendeva dopo che l'acqua era stata agitata era guarito di qualunque malattia
fosse colpito].
05 Là c'era un
uomo che da trentotto anni era infermo.
06 Gesù,
vedutolo che giaceva e sapendo che già da lungo tempo stava così, gli disse:
«Vuoi guarire?»
07 L'infermo
gli rispose: «Signore, io non ho nessuno che, quando l'acqua è mossa, mi metta
nella vasca, e mentre ci vengo io, un altro vi scende prima di me».
08 Gesù gli
disse: «Àlzati, prendi il tuo lettuccio e cammina».
09 In
quell'istante quell'uomo fu guarito; e, preso il suo lettuccio, si mise a
camminare.
10 Quel giorno
era un sabato; perciò i Giudei dissero all'uomo guarito: «È sabato, e non ti è
permesso portare il tuo lettuccio».
11 Ma egli
rispose loro: «Colui che mi ha guarito mi ha detto: "Prendi il tuo
lettuccio e cammina"».
12 Essi gli
domandarono: «Chi è l'uomo che ti ha detto: "Prendi il tuo lettuccio e
cammina?"»
13 Ma colui che
era stato guarito non sapeva chi fosse; Gesù infatti si era allontanato, perché
in quel luogo c'era molta gente.
14 Più tardi
Gesù lo trovò nel tempio, e gli disse: «Ecco, tu sei guarito; non peccare più,
ché non ti accada di peggio».
15 L'uomo se ne
andò, e disse ai Giudei che colui che l'aveva guarito era Gesù.
16 Per questo i
Giudei perseguitavano Gesù e cercavano di ucciderlo; perché faceva quelle cose
di sabato.
Il brano è ritenuto fondamentale dagli esegeti cristiani in quanto
vedono nell’esortazione di Gesù al versetto 8 “Àlzati, prendi il tuo lettuccio
e cammina”, un esplicito ordine di violare il sabato, e nel lungo discorso che
segue – Giovanni 5:17-47 [05], ma ve ne cito ora soltanto i versetti 17-18 [06]:
17 Gesù rispose
loro: «Il Padre mio opera fino ad ora, e anch'io opero».
18 Per questo i
Giudei più che mai cercavano d'ucciderlo; perché non soltanto violava il
sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio.
Nel versetto 17 Gesù dichiara di avere autorità anche sul sabato, in
quanto figlio di Dio (cfr. Marco 2:28: “perciò il Figlio dell'uomo è signore
anche del sabato” [07]) – per cui il sabato da lui viene abrogato, non soltanto
trasgredito; questa era una cosa inammissibile per gli ebrei, in quanto il
sabato è segno del patto tra Dio ed Israele – senza il sabato Israele sarebbe
un popolo qualsiasi.
Però trovo debole l’accusa a Gesù di aver violato il sabato ed
inconsistente quella di aver istigato il paralitico guarito a farlo – mi serve
una lunga digressione per spiegarmi.
Il link [08] avverte che gli argomenti di Gesù per curare di sabato non
li ha pensati solo lui – un secolo dopo li si ritroverà nei rabbini Eleazar ben
Azariah, ‘Aqiva, e soprattutto Ishma‘el (l’inventore della locuzione “piquach nefesh = attenzione alla vita =
salvare una vita”), anche se il dibattito proseguirà per altri due secoli
facendo infine risalire il dovere di guarire di sabato a Levitico 18:5 [09]:
05 Osserverete
le mie leggi e le mie prescrizioni, per mezzo delle quali chiunque le metterà
in pratica vivrà. Io sono il SIGNORE.
In una parola: la Torah deve
far vivere chi la osserva, non ucciderlo, e pertanto, quando c’è una vita in
gioco, quasi tutti i divieti della Torah
vanno disapplicati.
Il link [10] indica le conclusioni del dibattito: oltre al caso di
pericolo di morte, che esige che anche le norme bibliche del sabato vengano
violate in modo da salvare il malato, c’è quello della malattia che impedisce
di vivere una vita normale – anche quella va curata di sabato; a fare i
pignoli, occorrerebbe eseguire uno “shinui
= cambiamento” della normale procedura, perché molte azioni compiute di sabato
in modo insolito non costituiscono violazione di norma biblica, bensì di norma
rabbinica, che cede più facilmente di fronte al precetto di guarire il malato.
Non ci vuol molto per fare uno “shinui”:
per un profano basta ad esempio chiamare la guardia medica toccando i tasti del
telefonino con le nocche anziché con i polpastrelli, oppure recarsi dalla
guardia medica salendo in macchina dalla parte del passeggero anziché del
guidatore – questo si fa solo se si è SICURI di aver tempo da perdere e di non
nuocere così al paziente. Se non è così, si ricade nel caso del pericolo di
vita che impone di usare il mezzo più efficace possibile per salvare il
paziente, sabato o non sabato.
Gli ebrei, come ricorda [10], di sabato non curano solo le inezie di cui
sono sicuri che non hanno conseguenze, ed evitano di programmare terapie od
interventi di sabato, o di mettere una persona in condizione di essere
convalescente di sabato – ma se non si può evitarlo, pazienza.
Di sabato non è lecito solo curarsi di malattie serie, ma anche
prevenirne l’insorgere. Per esempio, se un ebreo è soggetto a cefalee, può
prendere la medicina di sabato quando comincia, senza aspettare che il dolore
diventi insopportabile; se è in cura per l’ipertensione, prende le medicine per
essa anche di sabato – ogni sospensione della cura per un giorno di per sé non
farebbe gran danno, ma medici e pazienti sanno che il continuare a farlo logora
l’organismo e vanifica la terapia. Perciò lui si cura tutti i giorni dell’anno!
Quindi, un ebreo d’oggi, di fronte al paralitico, farebbe di tutto per
guarirlo anche di sabato. All’epoca di Gesù il dibattito sulla liceità di
guarire di sabato era vivissimo, il Nuovo Testamento ne rende la prima
testimonianza, e perciò riconosco un minimo di buona fede ai suoi accusatori,
ma il tempo avrebbe reso giustizia a Gesù, che infatti in altre circostanze
argomenta che la Torah non gli
vietava quello che ha fatto.
Per quanto riguarda l’istigazione al violare il sabato contenuta nelle
parole “Àlzati, prendi il tuo lettuccio e cammina”, io non ce la vedo proprio –
mi spiace per i farisei che qui si sono dimostrati alquanto ottusi.
Brown [01] si dimostra particolarmente inetto a capire la normativa
ebraica applicabile. Dice egli infatti a pagina 269:
v.12. ti ha detto di prenderlo su. La
prodigiosa guarigione è stata persa di vista; solo la violazione del sabato è
importante, per le autorità.
Intanto, come ho già spiegato, all’epoca di Gesù anche la guarigione
avrebbe potuto essere interpretata come una violazione inescusabile del sabato, ed infatti
Gesù in Giovanni 9:13-16 [11] viene rimproverato di aver guarito di sabato il
cieco nato - ma questa era cosa meno grave di quello che stava facendo il
guarito.
Come infatti spiega [12], di tutte le 39 attività (melakhot) vietate di sabato [13], quella che sembra più banale, ma
occupa da sola un terzo del trattato talmudico Shabbat [14] e delle norme sul sabato codificate nello Shulchan ‘Arukh [15], è proprio il far
uscire oggetti da una proprietà, portarceli dentro, e trasportarli in un luogo
pubblico.
Essa è considerata infatti il prototipo delle attività vietate di
sabato, in quanto lo spostare un oggetto ne è la più elementare presa di
possesso, la dimostrazione del dominio dell’uomo sulla natura; pertanto rav
Nachman di Breslavia <1772-1810>, citato in [16], diceva che questo
divieto era tanto importante da comprendere in sé tutte le 39 attività vietate
di sabato.
Ed il professore di studi ebraici Alex P. Jassen spiega nell’articolo
[17] come si sia evoluto questo divieto, e quanto il riflettervi abbia
contribuito all’elaborazione della normativa sul sabato.
Perciò, quello che stava facendo il guarito era veramente una violazione
molto seria del sabato – ma gliel’ha chiesta Gesù?
Brown [01] e gli esegeti della San Paolo [02] sono così ansiosi di
dimostrarlo da fraintendere Mishnah Shabbat 10:5 [18], sebbene il suo ebraico
sia semplice e già in tempi preinternautici fossero disponibili delle
traduzioni in inglese ed italiano [19] della medesima.
Ve la ritraduco:
Chi fa uscire
una pagnotta in un luogo pubblico, è colpevole. Coloro che la fanno uscire in
due, sono esenti. Se uno non può farla uscire da solo, e la fanno uscire in
due, sono colpevoli. Ma rav Shime‘on li dichiara esenti. Se uno fa uscire cibo in
quantità minore dello stabilito dentro un vaso, è esente anche per il vaso, in
quanto il vaso ne è un accessorio. [Chi fa uscire] un vivente nel letto, è
esente anche per il letto, perché il letto ne è un accessorio. [Chi fa uscire]
un morto nel letto, è colpevole. E così [chi fa uscire] un pezzo di morto
grande come un'oliva, ed un pezzo di “nevelah”
[animale kasher immangiabile perché
non macellato secondo le regole] grande come un'oliva, ed un pezzo grande come
una lenticchia di una bestia che striscia, è colpevole. E rav Shime‘on lo
dichiara esente.
Nel testo ebraico le parole “chay
ba-mittah = un vivente nel letto” e “met
ba-mittah = un morto nel letto” sono precedute dalla preposizione “et”, che in ebraico precede un
complemento oggetto. Essa perciò sottintende un soggetto ed un verbo non
espressi perché già precedentemente ripetuti più volte, ovvero “ha-motzia’ = colui che fa uscire”;
l’italiano non ammette questo genere di sottintesi, e pertanto ho dovuto
esplicitare le parole inserendole tra parentesi quadre.
Che ha detto Gesù al paralitico in Giovanni 5:8? “ἔγειρε ἆρον τὸν κράβαττόν σου καὶ περιπάτει = Àlzati, prendi il tuo lettuccio e cammina” [20]. Il verbo greco “αἴρω = àiro” (Strong G142 [21]) vuol dire
semplicemente “prendere”, e questo non è vietato di sabato – non vedrete mai
degli ebrei digiunare di sabato perché è vietato loro “prendere” in mano il
cibo o l’acqua (l’unico caso in cui gli ebrei digiunano di sabato è quando lo “Yom Kippur = Giorno dell’Espiazione”
cade di sabato – in tutti gli altri casi di sabato si mangia, si beve e non si
digiuna).
Probabilmente il paralitico guarito stava cercando di portar fuori dal
perimetro della piscina il suo “lettuccio”, o forse era già uscito, e portare
un oggetto in luogo pubblico per più di 4 cubiti (1,7 metri) è un’altra
violazione del sabato.
Voleva forse dire Gesù “Prendi e porta via”, cosa che avrebbe implicato
il far uscire il letto dal perimetro della piscina? Ne dubito, perché, anche se
è vero che il verbo greco “αἴρω = àiro” può significare
“rimuovere”, nessuno lo ha mai inteso in questo senso applicandolo a questo passo.
Inoltre, osservate come si esprime Gesù quando guarisce il paralitico a
Cafarnao,
·
in Matteo 9:6 [22]:
06 Ma, affinché
sappiate che il Figlio dell'uomo ha sulla terra autorità di perdonare i
peccati, àlzati», disse allora al paralitico, «prendi il tuo letto e va’ a casa
tua».
·
in Marco 2:11 [23]:
11 io ti dico»,
disse al paralitico, «àlzati, prendi il tuo lettuccio, e vattene a casa tua»
·
Ed in Luca 5:24 [24]:
24 Ora,
affinché sappiate che il Figlio dell'uomo ha sulla terra il potere di perdonare
i peccati, io ti dico», disse all'uomo paralizzato, «àlzati, prendi il tuo
lettuccio e va’ a casa tua».
Va ricordato innanzitutto che la guarigione riportata dai Sinottici
provoca stupore ma non scalpore, perché non avviene di sabato; in questi brani
il verbo greco “αἴρω = àiro”
significa semplicemente “sollevare e tenere in mano” [il letto]; per dire
all’ex-paralitico di andarsene, Gesù deve dargli un altro ordine, usando il
verbo “ὑπάγω = hypàgo = andar via” (Strong G5217 [24]) in
Matteo e Marco, e “πορεύω = poréuo = viaggiare”
(Strong G4198 [25]) in Luca.
Invece in Giovanni 5:8 non si accenna ad una casa (sebbene fosse estremamente
probabile che anche questo paralitico ce l’avesse – non sarebbe altrimenti
sopravvissuto 38 anni ai gelidi e nevosi inverni di Gerusalemme), ed il verbo
usato per esortare il guarito a muoversi è “περιπατέω = peripatéo = passeggiare” (Strong G4043 [26]),
che deriva dall’unione delle parole greche “περί = perì = intorno” (Strong G4012 [27]) e “πατέω = patéo = calpestare” (Strong G3961 [28]).
Il verbo “περιπατέω = peripatéo”,
così come il verbo “πορεύω = poréuo”
usato da Luca, non significa solo il muovere le gambe, ma anche il procedere in
modo dignitoso ed il vivere in modo retto – corrisponde al verbo ebraico “halakh = camminare”, da cui “halakhah = legge religiosa ebraica”.
Non solo: chi ha studiato filosofia sa che il discepolo di Aristotele
era detto “περιπᾰτητικός = peripatetikòs = peripatetico” [29], in quanto lui ed i suoi compagni si
riunivano nel “Περίπᾰτος = Perìpatos = passeggiata coperta” [30] del giardino del Liceo di Atene.
Poiché i capiscuola greci avevano l’abitudine (inaugurata, sembra, da Platone)
di dar lezione mentre passeggiavano, il termine “περίπᾰτος = perìpatos”
ha finito con il significare “scuola filosofica” in genere.
Direi che l’evangelista Giovanni ha scelto molto bene il suo verbo: Gesù
non ha detto all’ex-paralitico di uscire dalla piscina violando il sabato – gli
ha detto innanzitutto di insegnare rendendo testimonianza della sua guarigione passeggiando
sotto i portici della piscina, mostrando il lettuccio che teneva in mano come
prova, e poi, terminato il sabato, di uscire col lettuccio e vivere rettamente.
Purtroppo, come diceva una mia amica ebrea, non è vero che TUTTI gli
ebrei sono dei mostri di intelligenza, e prima l’ex-paralitico, poi i farisei
che lo fermano e lo interrogano, lo dimostrano, fraintendendoGesù.
Jean Zumstein [02] si rende conto di quello che è accaduto (riporta
correttamente la normativa ebraica), ma non si stacca dall’esegesi tradizionale
cristiana per cui Gesù cercava di provocare una violazione del sabato.
L’ipotesi che propongo è che Giovanni 5:17-18 [06] indichi che Gesù,
anziché dissociarsi dall’ex-paralitico mostrando che era stato frainteso (gli
sarebbe stato facile), abbia deciso di difenderlo, allo stesso modo in cui in Matteo
12:1-8 [31], Marco 2:23-28 [32], Luca 6:1-5 [33] Gesù difende dei discepoli che
avevano fatto cosa vietata di sabato, senza che gliel’avesse ordinata,
approfittando dell’occasione, come in Giovanni, per proclamarsi Figlio
dell’uomo e signore del sabato.
Comunque, il fatto che Zumstein [02] abbia capito la situazione non mi
pare dovuto solo e tanto ad un talento superiore alla media, quanto al fatto
che lui ha scritto nel 2016 (edizione italiana 2017), e non prima del 1979 [01]
e nel 1989 [03] – al giorno d’oggi molti tra i lettori cristiani di letteratura
esegetica conoscono la letteratura rabbinica e la cultura ebraica, e sarebbero
i primi a protestare contro incomprensioni e forzature, costringendo gli autori
a stare più attenti.
Doppiato lo scoglio del sabato, comincio ad interpretare il brano.
Penso che la vicenda si sia svolta nell’imminenza di Shavu‘ot/Pentecoste, ed ho scoperto che
con me concorda una lunga tradizione della Chiesa greca [01], di cui la
Nuovissima Versione [03] cita come esponenti Cirillo d’Alessandria e Giovanni
Crisostomo. La tradizione non ha prove certe, ed il commentatore del sito http://www.laparola.net/
[04] propende invece per la Pasqua.
Le prove che adduco io sono il simbolismo dell’acqua, perché la Torah è acqua di vita, e la festa del
dono della Torah è proprio Shavu‘ot/Pentecoste; essa si celebra tra
maggio e giugno, e questo rende anche più facile soggiornare sotto i portici della
piscina e buttarsi in acqua senza temere di guarire da tutti i malanni per poi
prendersi il raffreddore o la polmonite.
Gli ebrei israeliani d’oggi, approfittando del clima subtropicale del
loro paese, il giorno di Shavu‘ot/Pentecoste
giocano con l’acqua spruzzandosela addosso – in onore dell’acqua di vita che è
la Torah; l’uso è recente e non
rituale, ma mi pare perfettamente in linea con la tradizione religiosa ebraica.
Brown [01] aggiunge due interessanti osservazioni: la prima è che in
Giovanni 4:35 [34] è scritto:
35 Non dite voi
che ci sono ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ebbene, vi dico:
alzate gli occhi e guardate le campagne come già biancheggiano per la
mietitura.
Shavu‘ot/Pentecoste era
anche la festa della mietitura del grano, quindi il passo fa pensare che Gesù
fosse pronto a recarsi a Gerusalemme in tempo per Shavu‘ot/Pentecoste.
La descrizione giovannea della piscina di Betesda (“Casa della sorgente”
è il significato più probabile, “Casa della misericordia” quello popolare)
coincide con il ritrovamento archeologico [01, 02, 03] di un complesso di due
vasche, la cui forma complessiva è quella di un trapezio, ma divise l’una dall’altra
da un divisorio su cui sorgeva un colonnato (secondo Brown [01] e la Nuovissima
Versione [03]; Zumstein [02] nega che ci fossero), così come intorno agli altri
lati del complesso.
Che ci fossero cinque colonnati è curioso, perché le sinagoghe hanno cinque
finestre, una per ogni libro del Pentateuco (e non mancano le chiese cristiane
con cinque finestre, una per ognuno dei discorsi di Gesù nel Vangelo secondo
Matteo, che vengono fatti corrispondere ognuno ad un libro del Pentateuco), e
Zumstein [02] avverte che questo sospetto, cioè di una ricercata coincidenza
tra i portici ed i Libri, era già venuto in mente a diversi padri della Chiesa,
che pensarono anche qui che la piscina rappresentasse la Legge e Gesù
l’Evangelo.
Potrei aggiungere che dividere la piscina in due vasche fa pensare alle
due “Luchot ha-Berit = Tavole del
Patto”, ovvero dei Dieci Comandamenti, ma le vasche hanno forma trapezoidale, e
questo rende meno probabile la cosa.
Infine, sempre Brown [01] fa notare che alla fine del suo lungo discorso
Gesù pronuncia queste parole (Giovanni 45-47 [35]):
45 Non crediate
che io sia colui che vi accuserà davanti al Padre; c'è chi vi accusa, ed è
Mosè, nel quale avete riposto la vostra speranza.
46 Infatti, se
credeste a Mosè, credereste anche a me; poiché egli ha scritto di me.
47 Ma se non
credete ai suoi scritti, come crederete alle mie parole?»
L’allusione a Mosè ed ai suoi scritti sarebbe infatti più pungente se
pronunciata nell’imminenza della festa del dono della Torah – Shavu‘ot/Pentecoste.
Tornando alla piscina, si ritiene che le vasche fossero alimentate
dall’acqua piovana raccolta, e probabilmente anche da una sorgente
intermittente; per la normativa ebraica [36] ambo le acque erano capaci di
purificare ritualmente – l’acqua di sorgente meglio dell’altra, e penso che
fosse per questo che la gente pensava che, quando sgorgava l’acqua di sorgente
agitando anche quella già accumulata (l’acqua di sorgente può purificare anche
in movimento, quella piovana solo da ferma), l’immersione nella piscina avesse
maggior valore.
L’angelo che agitava l’acqua è con ogni probabilità una glossa, ovvero
una spiegazione creduta poi per errore parte del testo; mi permetto comunque di
tenerla in considerazione, anche perché chi ritiene che la seconda parte del
versetto 3 ed il versetto 4 non li abbia scritti Giovanni, li ritiene comunque
parte di un’antica tradizione sulla piscina.
Quella piscina era a nordest del Tempio, e così configurata doveva
servire come bagno rituale per i pellegrini che intendevano salire appunto al
Tempio; uno può pensare che sia necessario per la purificazione rituale
immergersi come mamma ci ha fatti, ma, anche se è la situazione ideale, quando
si è esposti ad occhi indiscreti si indossa un’ampia veste che non aderisca al
corpo e lasci che l’acqua lo tocchi in ogni punto – così fanno ancora gli ebrei
che debbono purificarsi usando uno specchio d’acqua naturale (i rabbini non lo
consigliano, un po’ per non rischiare la pelle, un po’ perché ci sono delle
complicazioni in questa pratica che possono sfuggire al profano [36]).
Cominciando a cercare passi pertinenti dell’AT, si scopre che Geremia
usa due volte l’espressione “Miqweh
Yisra’el”, che vuol dire sì “Speranza d’Israele”, ma anche “Acqua viva che
purifica Israele”, in quanto “Miqweh”
significa anche “bagno rituale”.
I brani sono Geremia 15:7-9 [37]:
07 SIGNORE, se
le nostre iniquità testimoniano contro di noi,
opera per amor
del tuo nome;
poiché le
nostre infedeltà sono molte;
noi abbiamo
peccato contro di te.
08 Speranza
d'Israele,
suo salvatore
in tempo di angoscia,
perché saresti
nel paese come un forestiero,
come un
viandante che si ferma per passarvi la notte?
09 Perché
saresti come un uomo sopraffatto,
come un prode
che non può salvare?
Eppure,
SIGNORE, tu sei in mezzo a noi,
e il tuo nome è
invocato su di noi;
non
abbandonarci!
E Geremia 17:13-18 [38]:
13 Speranza
d'Israele, o SIGNORE,
tutti quelli
che ti abbandonano saranno confusi;
quelli che si
allontanano da te saranno iscritti sulla polvere,
perché hanno
abbandonato il SIGNORE, la sorgente delle acque vive.
14 Guariscimi,
SIGNORE, e sarò guarito;
salvami, e sarò
salvo;
poiché tu sei
la mia lode.
15 Ecco, essi
mi dicono:
«Dov'è la
parola del SIGNORE?
che essa si
compia, dunque!»
16 Quanto a me,
io non mi sono rifiutato di essere loro pastore agli ordini tuoi,
né ho
desiderato il giorno funesto, tu lo sai;
quanto è uscito
dalle mie labbra è stato manifesto davanti a te.
17 Non essere
per me uno spavento;
tu sei il mio
rifugio nel giorno della calamità.
18 Siano
confusi i miei persecutori; non io sia confuso;
siano
spaventati essi, non io sia spaventato;
fa' venire su
di loro il giorno della calamità
e colpiscili
con doppia distruzione!
La pertinenza di questi versi alla situazione del paralitico mi pare
chiara, e che egli rappresentasse il popolo ebraico lo hanno supposto in molti
oltre a me. Il numero 38 (gli anni di paralisi del malato) si ritrova anche in
Deuteronomio 2:14 [39]:
13 Il tempo
delle nostre marce, da Cades-Barnea al passaggio del torrente di Zered, fu di
trentotto anni, finché tutta quella generazione di guerrieri scomparve
interamente dall'accampamento, come il SIGNORE aveva loro giurato.
La generazione di guerrieri che doveva scomparire per attrito nel
deserto era quella che aveva peccato adorando il vitello d’oro, rigettando la Torah che il Signore stava per dare ad
Israele; Zumstein [02] ritiene plausibile che il numero 38 volesse stabilire un
parallelo tra il paralitico e quella generazione di israeliti, e non indicare
solo che da moltissimo tempo l’uomo era infermo; la Nuovissima Versione [03]
dice che non è necessario pensarlo; Brown [01] secondo me prende un granchio.
Infatti anche lui dice che non è necessario pensare che il numero 38 sia
simbolico, in quanto potrebbe indicare semplicemente che il caso era senza
speranza, allo stesso modo in cui da 18 anni era inferma la donna guarita in
Luca 13:10-13 [40]:
10 Gesù stava
insegnando di sabato in una sinagoga.
11 Ecco una
donna, che da diciotto anni aveva uno spirito che la rendeva inferma, ed era
tutta curva e assolutamente incapace di raddrizzarsi.
12 Gesù,
vedutala, la chiamò a sé e le disse: «Donna, tu sei liberata dalla tua
infermità».
13 Pose le mani
su di lei, e nello stesso momento ella fu raddrizzata e glorificava Dio.
Ora, 18 è il valore numerico della parola ebraica “chay = vivente”, e tutte le associazioni ebraiche che mi chiedono
fondi mi pregano di dare un multiplo di 18 (dollari, euro, sicli, ecc.) perché
quel numero è considerato di buon augurio. Qui invece rappresenta una vita
intera sciupata dalla malattia.
Credo che valga sempre la pena, quando si incontrano dei numeri nella
Bibbia, chiedersi se abbiano un valore simbolico, aiutandosi almeno con la
paginetta [41].
Tornando alla piscina, sembra il luogo in cui il paralitico/Israele deve
incontrare l’acqua viva/la Torah;
secondo Brown [01], qualcosa di simile lo hanno pensato i padri della Chiesa, a
partire da Tertulliano, che hanno visto nell’episodio un’allusione al
battesimo, e lo hanno prescritto come lettura ai catecumeni.
Brown respinge l’ipotesi (l’acqua non tocca il paralitico), io credo che
vada invece approfondita.
Qual è il rapporto tra Dio ed Israele? Lui è lo sposo, Israele la sposa.
Qual è il rapporto tra Israele e la Torah?
Israele è lo sposo, la Torah la
sposa. E che succede il sabato prima di un matrimonio ebraico (ricordate che
l’episodio si svolge di sabato, presumibilmente quello che precede Shavu‘ot/Pentecoste)?
Questo sabato viene chiamato “Shabbat
Kallah = sabato della sposa”, ed in esso, nelle comunità ashkenazite, lo
sposo viene chiamato a leggere la Torah
(in diverse comunità non ortodosse viene chiamata la coppia), ed un uso contemporaneo
prevede che la sposa offra un rinfresco alle donne della comunità.
Questo sabato si celebra solo per i matrimoni tra sposi in carne ed
ossa? No: i sefarditi chiamano “Shabbat
Kallah” anche il sabato che precede Shavu‘ot/Pentecoste,
perché in quel giorno si celebra il matrimonio tra Israele e la Torah (tra parentesi, il matrimonio
ebraico esige che la notte prima della cerimonia la sposa si rechi al “Miqweh = bagno rituale” per compiere la
“Tevillah = immersione rituale”; non
farlo non rende nullo il matrimonio, ma crea delle complicazioni [42]).
Per quel matrimonio sono stati composti inni nuziali e pure vergati
contratti matrimoniali [43]; per Shavu‘ot/Pentecoste
sono stati redatti a partire dal Medioevo anche gli Achzarot, inni in cui si ricapitolano i 613 precetti della Torah – alcune comunità li recitano a Shavu‘ot/Pentecoste, altre il sabato
precedente (quello di quest’episodio).
Che brani biblici prevede siano letti quel sabato in sinagoga il calendario liturgico
ebraico? Parashat Bamidbar (Numeri
1-4:20 [44]) ed Haftarat Bamidbar (Osea
2:1-22 secondo le bibbie rabbiniche, Osea 1:10-2:20 [45] secondo le bibbie
cristiane).
Il brano dei Numeri mostra l’inizio del censimento dei figli d’Israele ordinato
da Dio dopo la catastrofe del vitello d’oro, e mi pare inutile dire di più;
invece vi riporto il brano di Osea:
Osea 1:
10 «Tuttavia,
il numero dei figli d'Israele sarà come la sabbia del mare, che non si può
misurare né contare. Avverrà che invece di dir loro, come si diceva: "Voi
non siete mio popolo", sarà loro detto: "Siete figli del Dio
vivente".
11 I figli di
Giuda e i figli d'Israele si raduneranno, si daranno un unico capo e marceranno
fuori dal paese; perché sarà grande il giorno di Izreel.
Osea 2:
01 Dite ai
vostri fratelli: "Ammi!" [popolo mio] e alle vostre sorelle:
"Ruama!" [che riceve misericordia]
02 Contestate
vostra madre, contestatela! perché lei non è più mia moglie, e io non sono più
suo marito! Tolga dalla sua faccia le sue prostituzioni, e i suoi adulteri dal
suo petto;
03 altrimenti,
io la spoglierò nuda, la metterò com'era nel giorno che nacque, la renderò
simile a un deserto, la ridurrò come una terra arida e la farò morir di sete.
04 Non avrò
pietà dei suoi figli, perché sono figli di prostituzione;
05 perché la
loro madre si è prostituita; colei che li ha concepiti ha fatto cose
vergognose, poiché ha detto: "Seguirò i miei amanti, che mi danno il mio
pane, la mia acqua, la mia lana, il mio lino, il mio olio e le mie
bevande".
06 Perciò,
ecco, io ti sbarrerò la via con delle spine; la circonderò di un muro, così che
non troverà più i suoi sentieri.
07 Correrà
dietro ai suoi amanti, ma non li raggiungerà; li cercherà, ma non li troverà.
Allora dirà: "Tornerò al mio primo marito, perché allora stavo meglio
d'adesso".
08 Lei non si è
resa conto che io le davo il grano, il vino, l'olio; io le prodigavo l'argento
e l'oro, che essi hanno usato per Baal!
09 Perciò io
riprenderò il mio grano a suo tempo, e il mio vino nella sua stagione; le
strapperò la mia lana e il mio lino, che servivano a coprire la sua nudità.
10 Ora scoprirò
la sua vergogna agli occhi dei suoi amanti, e nessuno la salverà dalla mia
mano.
11 Farò cessare
tutte le sue gioie, le sue feste, i suoi noviluni, i suoi sabati e tutte le sue
solennità.
12 Devasterò le
sue vigne e i suoi fichi, di cui diceva: "Sono il compenso che mi hanno
dato i miei amanti". Io li ridurrò in un bosco e li divoreranno gli
animali della campagna.
13 La punirò a
causa dei giorni dei Baal, quando bruciava loro incenso e, ornata dei suoi
pendenti e dei suoi gioielli, seguiva i suoi amanti e dimenticava me», dice il
SIGNORE.
14 «Perciò,
ecco, io l'attrarrò, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore.
15 Di là le
darò le sue vigne e la valle d'Acor come porta di speranza; là mi risponderà
come ai giorni della sua gioventù, come ai giorni che uscì dal paese d'Egitto.
16 Quel giorno
avverrà», dice il SIGNORE, «che tu mi chiamerai: "Marito mio!" e non
mi chiamerai più: "Mio Baal!"
17 Io toglierò
dalla sua bocca i nomi dei Baal, e il loro nome non sarà più pronunciato.
18 Quel giorno
io farò per loro un patto con le bestie dei campi, con gli uccelli del cielo e
con i rettili del suolo; spezzerò e allontanerò dal paese l'arco, la spada, la
guerra, e li farò riposare al sicuro.
19 Io ti
fidanzerò a me per l'eternità; ti fidanzerò a me in giustizia e in equità, in
benevolenza e in compassioni.
20 Ti fidanzerò
a me in fedeltà, e tu conoscerai il SIGNORE.
Il primo versetto del brano lo collega al libro dei Numeri, ma il resto
descrive una situazione nuziale – l’allegoria del matrimonio tra Dio ed
Israele, ma applicabile anche al matrimonio tra Israele e la Torah che si celebrerà la settimana
successiva.
Leggendo Giovanni 5:3-4 [04], quella parte dei due versetti che è con
ogni probabilità una glossa:
03 (…) [, i
quali aspettavano l'agitarsi dell'acqua;
04 perché un
angelo scendeva nella vasca e metteva l'acqua in movimento; e il primo che vi
scendeva dopo che l'acqua era stata agitata era guarito di qualunque malattia
fosse colpito].
Uno pensa che è una trovata pubblicitaria, ma io credo che rappresenti
il principio dell’Elezione d’Israele: la Torah
è destinata solo a lui, e se non glielo avesse impedito la malattia, il
paralitico si sarebbe gettato in acqua al momento giusto e non ci sarebbe stato
più bisogno di ripetere il miracolo.
Questa è la logica del matrimonio monogamico: marito e moglie sono
destinati l’uno all’altra, e non devono essere infedeli e sleali l’uno verso
l’altro.
Ma che accade se il marito sposa una sex
worker – come nel caso di Osea? Il suo diritto di Elezione si degrada
(quando le cose vanno bene ed il bisogno di soldi non supera quello di amore) a
diritto di Prelazione, ed il paralitico vede che tanta gente si getta in acqua
al suo posto e ne ricava beneficio.
La Torah è destinata al popolo
d’Israele, ma tante persone che non ne avevano diritto hanno approfittato di
lei – sono coloro che si sono gettati nell’acqua di Betseda quando era agitata,
oppure gli amanti che si sono gettati sul corpo della moglie di Osea (tra
l’altro, l’acqua agitata dall’angelo o dall’irrompere della sorgente potrebbe a
questo punto paragonarsi all’elusiva eiaculazione femminile – il che potrebbe
interessare gli storici della medicina e della sessuologia). Il marito decide
infine di rimediare, Gesù guarisce il paralitico.
Aveva moglie questi? Non è scritto, però Gerusalemme sorge sulla cima di
un colle, la piscina è ad un’altitudine di circa 700 metri [46], d’inverno in
città fa freddo e cade la neve, e la sua minima di gennaio, ai giorni nostri (a
cambiamento climatico iniziato!), è di 4° C [47].
Con questo clima, un senzatetto per giunta paralitico (che non può
quindi muovere le gambe per scaldarsi) muore il primo inverno, non campa
trentott’anni. A rimarcare questo, nel 2018 è stato pubblicato uno studio [48] da
cui risulta che nei precedenti 15 anni erano morti 610 senzatetto israeliani per
la strada – e probabilmente la cifra è incompleta. Il 31 gennaio 2008 è stata
pubblicata la notizia [49] che a Tel Aviv-Yafo, sulla costa mediterranea, era
stato trovato morto un senzatetto, a piedi nudi e con una bottiglia di alcolici
accanto (mai bere alcolici per combattere il freddo: l’alcol provoca
vasodilatazione e quindi maggior dispersione di calore) – anche nelle città
costiere israeliane i senzatetto corrono il concreto rischio di morire
assiderati.
Quindi probabilmente il paralitico aveva una casa (come quello di Cafarnao
di cui parlano i sinottici), e magari anche una moglie che si occupava di lui.
Le elemosine che lui percepiva bastavano a mantenere la famiglia, o lei doveva
integrare?
Penso che il paralitico si trovasse quindi a vivere la situazione di
Osea; e che, una volta riacquistata la salute, non abbia badato a quello che
gli aveva detto Gesù, ma abbia pensato che quello era il momento di
riconquistare la moglie – cosa lecita e raccomandata di sabato.
Per questo ci voleva il letto, anche se su quel letto in due si stava
strettini, e non gli è venuto in mente che fino al termine del sabato non
poteva portarlo fuori dalla piscina, o in giro per strada, o dentro casa.
Uno si può chiedere: e come ci è entrato il paralitico nella piscina? E di
sabato con il letto, per giunta?
La citata Mishnah Shabbat 10:5 [18] dice che è consentito portare dentro
o fuori od in luogo pubblico un essere vivente di sabato, e che, poiché il letto è
un accessorio, si può portarlo nel letto. Purtroppo in epoca
successiva [50] è stata emanata una norma rabbinica che vieta di portare esseri
umani il giorno di sabato – dentro, fuori, in un luogo pubblico – non so però
se i farisei dell’epoca di Gesù se ne sentissero vincolati.
Per un ebreo d’oggi non avrebbe alcuna importanza: portare un paralitico
dove può essere curato sarebbe un ottimo motivo per violare una norma
rabbinica; comunque, è improbabile che il paralitico potesse contare su dei
portatori, perché sarebbero rimasti con lui per spingerlo in acqua al momento
giusto, e lui stesso dichiara che nessuno gli faceva questo favore.
Quindi c’è andato da solo, approfittando di questa scappatoia [51]: se
una persona non può fare il giro della sua casa camminando con i suoi piedi,
può usare bastone, grucce, sedia a rotelle, ecc., ovunque anche di sabato (gli
ausili elettrici però sono problematici in quel giorno), perché queste cose
sono considerate equivalenti ai suoi piedi e non carichi trasportati. Similmente un ebreo osservante può uscire di casa di sabato inforcando gli
occhiali da vista od indossando le lenti a contatto – non può però tenere in
tasca occhiali da lettura, per cui è meglio che usi occhiali bi/trifocali o
progressivi.
Il termine usato in Giovanni 5 per indicare il “lettuccio”, “κράβαττος = kràbattos” (Strong G2895 [52]), indica un
letto semplice per una sola persona, ma è lo stesso termine usato in Marco 2:4
[53]:
04 Non potendo
farlo giungere fino a lui a causa della folla, scoperchiarono il tetto dalla
parte dov'era Gesù; e, fattavi un'apertura, calarono il lettuccio sul quale
giaceva il paralitico.
Il letto, per quanto semplice e povero, era quindi abbastanza robusto da
poterlo usare per calarci una persona dal tetto, ed il paralitico di Giovanni 5
avrebbe quindi potuto usarlo a mo’ di stampelle per andare da casa sua alla
piscina ed entrarvi, senza che i farisei avessero da obbiettare.
Ma quando Gesù lo ebbe guarito, non gli serviva più per camminare, quindi era
diventato un carico che non si poteva portare fuori, dentro, in un luogo
pubblico.
In ogni caso, il letto è di fondamentale importanza in quest’episodio, e
vale la pena, per approfondire, cercare i passi dell’AT che parlano di “letti”;
la parola “κράβαττος =
kràbattos” non si trova nella LXX, ma Matteo 9:6 [22], descrivendo la
guarigione del paralitico calato dal tetto su un letto, usa il sinonimo “κλίνη = klìne” (Strong G2825 [54]), che si trova anche
nella LXX, e ci consente quindi un confronto diretto.
I passi della LXX con quel termine sono: Genesi 48:2; Genesi 49:33; Esodo
8:3; Deuteronomio 3:11; 1 Samuele 19:13; 1 Samuele 19:15; 1 Samuele 19:16; 2
Samuele 3:31; 2 Samuele 4:07; 1 Re 17:19; 1 Re 21:4; 2 Re 1:4; 2 Re 1:6; 2 Re
1:16; 2 Re 4:10; 2 Re 4:21; 2 Re 4:32; 2 Re 11:2; Ezechiele 23:41; Amos 6:4; 2
Cronache 16:14; 2 Cronache 22:11; 2 Cronache 24:25; Salmo 6:6; Salmo 41:3; Giobbe
7:13; Proverbi 7:16; Proverbi 26:14; Cantico 1:16; Cantico 3:7; Ester 1:6; Ester
7:8.
Leggendo quei passi, mi sono fatto l’opinione che il letto nella Bibbia
non serva solo a dormirci, mangiare, farsi trasportare, essere curati o
risuscitati, fare l’amore – sia anche un’importante status symbol e, soprattutto, il luogo in cui uno fa i conti con sé
stesso.
Nel Talmud c’è il gioco di parole tra “mittat Sedom = letto di Sodoma” e “middat Sedom = misura, comportamento di Sodoma”, tra cui i peccati
che ne hanno meritato la distruzione. Il “letto di Sodoma” in particolare è
l’equivalente rabbinico del “letto di Procuste” della mitologia greca, in
quanto gli stranieri che giungevano a Sodoma venivano adeguati a forza al letto
offerto loro da chi li ospitava: chi era troppo corto veniva stirato, chi era
troppo lungo veniva mozzato (Talmud Sanhedrin 109b [55]).
Eliezer, servo di Abramo, la scampò bella quando giunse a Sodoma perché
disse ai padroni di casa che aveva fatto voto di dormire sul pavimento dopo la
morte della mamma. Nella stessa pagina del Talmud si narrano le ingiuste
sentenze dei giudici di Sodoma (l’ultima proprio contro Eliezer) prima di
parlare dei suoi letti – Eliezer, rifiutando il letto di Sodoma (mittat Sedom), aveva implicitamente rifiutato
il metro di giudizio di Sodoma (middat
Sedom).
L’idea ebraica è che il letto deve adeguarsi alla persona, non la
persona al letto. Forse l’insistenza di Gesù, a Cafarnao ed a Betesda, che i
paralitici guariti si riprendessero il letto nasceva dalla concezione,
esplicitata poi nella citata Mishnah Shabbat 10:5 [18], che il letto era un importante
accessorio della persona, e che se la verginità di una donna (Deuteronomio 22:16-17
[56]) la si poteva valutare guardando il lenzuolo della sua prima notte di
nozze, tutta una persona si potesse giudicare dal suo letto.
Dei passi elencati, quelli che più si addicono al paralitico di Betesda
mi paiono:
2 Re 1:2-4 [57]:
02 Acazia cadde
dalla ringhiera della sua camera di sopra, a Samaria, e si ammalò. Allora inviò
dei messaggeri, dicendo loro: «Andate a consultare Baal-Zebub, dio di Ecron,
per sapere se guarirò da questa malattia».
03 Ma un angelo
del SIGNORE disse a Elia il Tisbita: «Àlzati, va' incontro ai messaggeri del re
di Samaria, e di' loro: "È forse perché non c'è Dio in Israele che voi
andate a consultare Baal-Zebub, dio di Ecron?
04 Perciò, così
dice il SIGNORE: 'Tu non scenderai dal letto sul quale sei salito, ma certamente
morrai'"». Ed Elia se ne andò.
Salmo 6 [58]:
01 Al direttore
del coro. Per strumenti a corda. Su ottava. Salmo di Davide.
O SIGNORE, non
correggermi nella tua ira,
non castigarmi
nel tuo sdegno.
02 Abbi pietà
di me, o SIGNORE, perché sono sfinito;
risanami, o
SIGNORE, perché le mie ossa sono tutte tremanti.
03 Anche
l'anima mia è tutta tremante;
e tu, o
SIGNORE, fino a quando?...
04 Ritorna, o
SIGNORE, liberami;
salvami, per la
tua misericordia.
05 Poiché nella
morte non c'è memoria di te;
chi ti celebrerà
nel soggiorno dei morti?
06 Io sono
esausto a forza di gemere;
ogni notte
inondo di pianto il mio letto
e bagno di
lacrime il mio giaciglio.
07 L'occhio mio
si consuma di dolore,
invecchia a
causa di tutti i miei nemici.
08 Via da me,
voi tutti malfattori;
poiché il
SIGNORE ha udito la voce del mio pianto.
09 Il SIGNORE
ha ascoltato la mia supplica,
il SIGNORE
accoglie la mia preghiera.
10 Tutti i miei
nemici siano confusi e grandemente smarriti;
voltino le
spalle per la vergogna in un attimo.
Salmo 41 [59]:
01 Al direttore
del coro.
Salmo di
Davide.
Beato chi ha
cura del povero!
Nel giorno
della sventura il SIGNORE lo libererà.
02 Il SIGNORE
lo proteggerà e lo manterrà in vita;
egli sarà
felice sulla terra,
e tu non lo
darai in balìa dei suoi nemici.
03 Il SIGNORE
lo sosterrà quando sarà a letto, ammalato;
tu lo
consolerai nella sua malattia.
04 Io ho detto:
«O SIGNORE, abbi pietà di me;
guarisci
l'anima mia, perché ho peccato contro di te».
05 I miei
nemici mi augurano del male, dicendo:
«Quando morrà?
E quando sarà dimenticato il suo nome?»
06 E se uno di
loro viene a vedermi,
dice menzogne;
il suo cuore
accumula malvagità dentro di sé;
e, appena
uscito, sparla.
07 Tutti quelli
che m'odiano bisbigliano tra loro contro di me;
contro di me
tramano il male.
08 «È stato
colpito», essi dicono,
«da un male
incurabile;
e, ora che è
steso su un letto, non si rialzerà mai più».
09 Anche
l'amico con il quale vivevo in pace,
in cui avevo
fiducia, e che mangiava il mio pane,
si è schierato
contro di me.
10 Ma tu, o
SIGNORE, abbi pietà di me e rialzami,
e io renderò
loro quel che si meritano.
11 Così saprò
che tu mi gradisci:
se il mio
nemico non trionferà di me.
12 Tu mi
sosterrai nella mia integrità
e mi
accoglierai alla tua presenza per sempre.
13 Sia benedetto
il SIGNORE, il Dio d'Israele, ora e sempre. Amen!
Amen!
Proverbi 7 [60]:
01 Figlio mio,
custodisci le mie parole,
fa' tesoro dei
miei precetti.
02 Osserva i
miei precetti e vivrai;
custodisci il
mio insegnamento come la pupilla degli occhi.
03 Lègateli
alle dita,
scrivili sulla
tavola del tuo cuore.
04 Di' alla
sapienza: «Tu sei mia sorella»,
e chiama
l'intelligenza amica tua,
05 affinché ti
preservino dalla donna altrui,
dall'estranea
che usa parole seducenti.
06 Ero alla
finestra della mia casa,
dietro la mia
persiana, e stavo guardando;
07 vidi, tra
gli sciocchi,
scòrsi, tra i
giovani, un ragazzo privo di senno,
08 che passava
per la strada, presso l'angolo dov'essa abitava,
e si dirigeva
verso la casa di lei,
09 al
crepuscolo, sul declinare del giorno,
quando la notte
si faceva nera, oscura.
10 Ecco
farglisi incontro una donna
in abito da
prostituta e astuta di cuore,
11 turbolenta e
proterva,
che non teneva
piede in casa:
12 ora in
strada, ora per le piazze
e in agguato
presso ogni angolo.
13 Essa lo
prese, lo baciò
e
sfacciatamente gli disse:
14 «Dovevo fare
un sacrificio di riconoscenza;
oggi ho sciolto
i miei voti;
15 perciò ti
sono venuta incontro
per cercarti, e
ti ho trovato.
16 Ho abbellito
il mio letto con morbidi tappeti;
con coperte ricamate
con filo d'Egitto;
17 l'ho
profumato di mirra,
di aloè e di
cinnamomo.
18 Vieni,
inebriamoci d'amore fino al mattino,
sollazziamoci
in amorosi piaceri;
19 poiché mio
marito non è a casa;
è andato in
viaggio lontano;
20 ha preso con
sé un sacchetto di denaro,
non tornerà a
casa che al plenilunio».
21 Lei lo
sedusse con le sue molte lusinghe,
lo trascinò con
la dolcezza delle sue labbra.
22 Egli le andò
dietro subito,
come un bue va
al macello,
come uno stolto
è condotto ai ceppi che lo castigheranno,
23 come un
uccello si affretta al laccio,
senza sapere
che è teso contro la sua vita,
finché una
freccia gli trapassi il fegato.
24 Or dunque,
figlioli, ascoltatemi,
state attenti
alle parole della mia bocca.
25 Il tuo cuore
non si lasci trascinare nelle vie di una tale donna;
non ti sviare
per i suoi sentieri;
26 perché molti
ne ha fatti cadere feriti a morte,
e grande è il
numero di quelli che ha uccisi.
27 La sua casa
è la via del soggiorno dei morti,
la strada che
scende in grembo alla morte.
Cantico 1:15-16 [61]:
15 Come sei
bella, amica mia,
come sei bella!
I tuoi occhi
sono come quelli dei colombi.
16 Come sei
bello, amico mio, come sei amabile!
Anche il nostro
letto è verdeggiante.
Cantico 3 [62]:
01 Sul mio
letto, durante la notte, ho cercato il mio amore;
l'ho cercato,
ma non l'ho trovato.
02 Ora mi
alzerò, e andrò attorno per la città,
per le strade e
per le piazze;
cercherò il mio
amore;
l'ho cercato ma
non l'ho trovato.
03 Le guardie
che vanno attorno per la città mi hanno incontrata;
e ho chiesto
loro: «Avete visto il mio amore?»
04 Di poco le
avevo passate,
quando trovai
il mio amore;
io l'ho preso,
e non lo lascerò,
finché non
l'abbia condotto in casa di mia madre,
nella camera di
colei che mi ha concepita.
05 Io vi
scongiuro, figlie di Gerusalemme,
per le
gazzelle, per le cerve dei campi,
non svegliate,
non svegliate l'amore mio,
finché lei non
lo desideri!
06 Chi è colei
che sale dal deserto,
simile a
colonne di fumo,
profumata di
mirra e d'incenso
e d'ogni aroma
dei mercanti?
07 Ecco la
lettiga di Salomone,
intorno a cui
stanno sessanta prodi,
fra i più
valorosi d'Israele.
08 Tutti
maneggiano la spada,
sono esperti
nelle armi;
ciascuno ha la
sua spada al fianco,
per gli
spaventi notturni.
09 Il re
Salomone si è fatto una lettiga
di legno del
Libano.
10 Ne ha fatto
le colonne d'argento,
la spalliera
d'oro,
il sedile di
porpora;
in mezzo è un
ricamo, lavoro d'amore
delle figlie di
Gerusalemme.
11 Uscite,
figlie di Sion, ammirate il re Salomone
con la corona
di cui l'ha incoronato sua madre
il giorno delle
sue nozze,
il giorno della
gioia del suo cuore.
Ho omesso tutti i passi in cui un letto fastoso indica una cattiva
persona, salvo Proverbi 7:16 [59], perché quel brano è interessante per altre
cose.
Questi versetti:
04 Di' alla
sapienza: «Tu sei mia sorella»,
e chiama
l'intelligenza amica tua,
05 affinché ti
preservino dalla donna altrui,
dall'estranea
che usa parole seducenti.
Sono importanti per due motivi: sapienza ed intelligenza sono sinonimi
della Torah (vedi Proverbi 3:19 [70],
citato in seguito) e le espressioni “ishshah
zarah = donna altrui” e “nokhriyah
= estranea” possono essere intese anche come “donna idolatra” e “non ebrea”.
Oltretutto questa donna dice:
16 Ho abbellito
il mio letto con morbidi tappeti;
con coperte
ricamate con filo d'Egitto.
Il filo d’Egitto era probabilmente lino e non cotone [63, 64], ma
l’Egitto è il luogo dell’idolatria, quello in cui gli ebrei non hanno rischiato
solo lo sterminio, ma anche la perdita della loro identità, prima che Dio mandasse Mosè a soccorrerli.
Invece della pur fastosa lettiga di Salomone è detto [62]:
10 Ne ha fatto
le colonne d'argento,
la spalliera
d'oro,
il sedile di
porpora;
in mezzo è un
ricamo, lavoro d'amore
delle figlie di
Gerusalemme.
Le ricamatrici ebree gerosolimitane sono a quanto pare a prova di
idolatria, e se Salomone avesse arricchito con loro il suo harem, anziché sposare principesse straniere per motivi
diplomatici, sembra insinuare l’autore biblico (cfr. 1 Re 11:1-13 [65]), Israele non
si sarebbe spaccato in due.
Il paralitico non ha un letto fastoso come la lettiga di Salomone
(Israele non se lo può più permettere), e lungi dall’avere sessanta prodi che
la sollevano e difendono, aspetta da solo l’agitarsi dell’acqua, ma potrebbe
avere la stessa debolezza del re, ed il suo peccato essere riconducibile
all’idolatria, anche perché viene guarito il sabato prima della festa di Shavu‘ot/Pentecoste.
Il comportamento dei farisei che “intercettano” il paralitico guarito mi
viene ricordato da Cantico 5:2-8 [66]:
02 Io dormivo,
ma il mio cuore vegliava.
Sento la voce
del mio amico che bussa e dice:
«Aprimi,
sorella mia, amica mia,
colomba mia, o
mia perfetta!
Poiché il mio
capo è coperto di rugiada
e le mie chiome
sono piene di gocce della notte».
03 Io mi sono
tolta la gonna; come me la rimetterei ancora?
Mi sono lavata
i piedi; come li sporcherei ancora?
04 L'amico mio
ha passato la mano per la finestra,
il mio amore si
è agitato per lui.
05 Mi sono
alzata per aprire al mio amico,
e le mie mani
hanno stillato mirra,
le mie dita
mirra liquida,
sulla maniglia
della serratura.
06 Ho aperto
all'amico mio,
ma l'amico mio
si era ritirato, era partito.
Ero fuori di me
mentr'egli parlava;
l'ho cercato,
ma non l'ho trovato;
l'ho chiamato,
ma non mi ha risposto.
07 Le guardie
che vanno attorno per la città mi hanno incontrata,
mi hanno
battuta, mi hanno ferita;
le guardie
delle mura mi hanno strappato il velo.
08 Io vi
scongiuro, figlie di Gerusalemme,
se trovate il
mio amico,
che gli direte?
Che sono malata
d'amore.
Il paralitico si rende conto di aver aspettato troppo ad abbracciare la
sua sposa (la Torah o sua moglie) e
vuole ritrovarla, ma lo fa in maniera inappropriata (portar fuori il proprio letto di sabato somiglia all'uscire di casa col
coprifuoco); i farisei/le guardie non capiscono la situazione e fanno il loro lavoro in maniera stupida e
crudele.
Un passo che si può ricollegare a tutti questi è Genesi 28:10-22 [67]:
10 Giacobbe
partì da Beer-Sceba e andò verso Caran.
11 Giunse ad un
certo luogo e vi passò la notte, perché il sole era già tramontato. Prese una
delle pietre del luogo, se la mise per capezzale e lì si coricò.
12 Fece un
sogno: una scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima toccava il cielo; e
gli angeli di Dio salivano e scendevano per la scala.
13 Il SIGNORE
stava al di sopra di essa e gli disse: «Io sono il SIGNORE, il Dio d'Abraamo
tuo padre e il Dio d'Isacco. La terra sulla quale tu stai coricato, io la darò
a te e alla tua discendenza.
14 La tua
discendenza sarà come la polvere della terra e tu ti estenderai a occidente e a
oriente, a settentrione e a meridione, e tutte le famiglie della terra saranno
benedette in te e nella tua discendenza.
15 Io sono con
te, e ti proteggerò dovunque tu andrai e ti ricondurrò in questo paese, perché
io non ti abbandonerò prima di aver fatto quello che ti ho detto».
16 Quando
Giacobbe si svegliò dal sonno, disse: «Certo, il SIGNORE è in questo luogo e io
non lo sapevo!»
17 Ebbe paura e
disse: «Com'è tremendo questo luogo! Questa non è altro che la casa di Dio, e questa
è la porta del cielo!»
18 Giacobbe si
alzò la mattina di buon'ora, prese la pietra che aveva messa come capezzale, la
pose come pietra commemorativa e vi versò sopra dell'olio.
19 E chiamò
quel luogo Betel; mentre prima di allora il nome della città era Luz.
20 Giacobbe
fece un voto, dicendo: «Se Dio è con me, se mi protegge durante questo viaggio
che sto facendo, se mi dà pane da mangiare e vesti da coprirmi,
21 e se ritorno
sano e salvo alla casa di mio padre, il SIGNORE sarà il mio Dio
22 e questa pietra,
che ho eretta come monumento, sarà la casa di Dio; di tutto quello che tu mi
darai, io certamente ti darò la decima».
Qui non si parla di letti, ma di una pietra (e la frase “se la mise per
capezzale” non è una traduzione fedelissima – l’ebraico dice semplicemente “la
mise sotto il suo capo”), però anche qui Giacobbe/Israele è costretto a dormire
da solo, la moglie che gli è stata promessa da suo padre Isacco è lontana, non
sa se la promessa verrà mantenuta dallo zio Labano.
Giacobbe/Israele avrebbe tutto il diritto di imitare sua nonna Sara
(Genesi 18:12 [68]) e ridere di questa promessa (gli si promette una
discendenza innumerevole, ma gli stanno tenendo compagnia solo degli angeli,
creature sublimi ma palesemente inadatte al compito!), ma decide di darle
invece credito, e capisce che dalla pietra su cui ha poggiato il capo deriverà
(seppure altrove) il Tempio, che a quella pietra corrisponderà anche la lettiga
di Salomone, e purtroppo anche, per l'evangelista, il lettuccio del paralitico.
La promessa di un'innumerevole posterità riaggancia questo passo a
numerosi passi biblici, tra cui quello di Osea sopra citato; anche il
paralitico gode solo della compagnia dell'angelo che agita l'acqua per lui, ma vede
che lui non riesce ad avvicinarvisi, e non può fare altro che ripetere
l'agitazione ogni giorno in attesa del momento buono - e questo lo avvicina a
Giacobbe/Israele.
La gematria osserva che in
ebraico le parole “Sullam = scala” e “Sinay = Monte
Sinai” hanno lo
stesso valore numerico, e quindi Giacobbe/Israele ottiene in quell'occasione
un'anticipazione della Rivelazione, del dono della Torah – e lui reagisce positivamente promettendo al Signore
devozione.
Una cosa che ha turbato gli interpreti è questa: perché gli angeli “salivano
e scendevano”? A rigor di logica non sarebbe dovuto avvenire il contrario? Il midrash risolve la difficoltà dicendo
che gli angeli che salgono sono quelli che hanno appena distrutto Sodoma.
Non è che Sodoma fosse vicina (Luz/Betel è a nord di Gerusalemme, Sodoma
a sud), e perché gli angeli, anziché ascendere direttamente al cielo al termine
della loro missione, sono sfilati in parata davanti a Giacobbe/Israele prima di
salire sulla scala?
Di Sodoma dice Ezechiele 16:49 [69]:
49 Ecco, questa
fu l'iniquità di Sodoma, tua sorella: lei e le sue figlie vivevano
nell'orgoglio, nell'abbondanza del pane, e nell'ozio indolente; ma non
sostenevano la mano dell'afflitto e del povero.
La parata degli angeli ammonisce Giacobbe/Israele a non fare queste cose
- ammonimento che si ritrova anche nel citato Salmo 41 [59], ed anche questo
sembra peccato da non ripetere e da cui Gesù mette in guardia l'ex-paralitico
guarito.
Un altro brano utile mi pare Proverbi 3:11-26 [70]:
11 Figlio mio,
non disprezzare la correzione del SIGNORE,
non ti ripugni
la sua riprensione;
12 perché il
SIGNORE riprende colui che egli ama,
come un padre
il figlio che gradisce.
13 Beato l'uomo
che ha trovato la saggezza,
l'uomo che
ottiene l'intelligenza!
14 Poiché il guadagno
che essa procura è migliore a quello dell'argento,
il profitto che
se ne trae vale più dell'oro fino.
15 Essa è più
pregevole delle perle,
quanto hai di
più prezioso non l'equivale.
16 Lunghezza di
vita è nella sua destra;
ricchezza e
gloria nella sua sinistra.
17 Le sue vie
sono vie deliziose,
e tutti i suoi
sentieri sono pace.
18 Essa è un
albero di vita per quelli che l'afferrano,
e chi la
possiede è beato.
19 Con la
saggezza il SIGNORE fondò la terra,
e con
l'intelligenza rese stabili i cieli.
20 Per la sua
scienza gli abissi furono aperti,
e le nuvole
distillano la rugiada.
21 Figlio mio,
queste cose non si allontanino mai dai tuoi occhi!
Conserva la
saggezza e la riflessione!
22 Esse saranno
vita per l'anima tua
e un ornamento
al tuo collo.
23 Allora
camminerai sicuro per la tua via
e il tuo piede
non inciamperà.
24 Quando ti
coricherai non avrai paura;
starai a letto
e il tuo sonno sarà dolce.
25 Non avrai da
temere lo spavento improvviso,
né la rovina
degli empi, quando verrà;
26 perché il SIGNORE
sarà la tua sicurezza,
e preserverà il
tuo piede da ogni insidia.
Infatti il fondare la terra e lo stabilire i cieli qui citati:
19 Con la
saggezza il SIGNORE fondò la terra,
e con
l'intelligenza rese stabili i cieli.
Sono per tradizione avvenuti attraverso la Torah, quindi saggezza ed intelligenza le sono sinonimi, e
promettono un riposo tranquillo, esente da spaventi improvvisi da cui
premunirsi con una scorta armata – si può quindi essere più saggi ed
intelligenti di Salomone, che di quella scorta aveva invece bisogno.
Il paralitico ha avuto 38 anni per riflettere su queste cose, dopo
l’incontro con Gesù può metterle in pratica.
Raffaele Yona
Ladu
Soci* di
Autistic Self Advocacy Network
Note:
[01] Giovanni : Commento al Vangelo spirituale / Raymond E. Brown. - Assisi
: Cittadella editrice, 1979.
[02] Il Vangelo Secondo Giovanni : Volume 1: 1,1 - 12,50 / Jean
Zumstein, - Torino : Claudiana, 2017.
[03] La Bibbia. Nuovissima versione dai testi originali : III Nuovo
Testamento : Vangeli – Atti degli Apostoli – Lettere – Apocalisse. – Cinisello
Balsamo : Edizioni Paoline, 1991.
[13] https://www.ou.org/holidays/shabbat/the_thirty_nine_categories_of_sabbath_work_prohibited_by_law/
[17] https://thetorah.com/the-prohibition-to-carry-on-shabbat-historical-and-exegetical-development/
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